No, no, non temete! Se è senza dubbio vero che siamo all’insegna della flessibilità e della formazione permanente e che, par tirâ indenant il cjaruç, ci dobbiamo “inventare il lavoro”, come dicono gli esperti (molti di essi disoccupati, ahinoi!), è altrettanto vero che lasciamo a chi ne sa ben più di noi il mestiere di …catturar farfalle.
Ci accontentiamo – si fa per dire – di far cordata e di approfittare degli allettanti appuntamenti progettati dalla Coop. “Farfalle Nella Testa” per conto dell’Ecomuseo Val del Lago/Comunità Montana.
Chi non conosce la Casa delle Farfalle di Bordano vada innanzitutto a visitarla. Siamo sicuri, però, che la nostra domanda è retorica e che molti, anche a più riprese, abbiano già avuto l’occasione di farvi una capatina. Adesso è’ ora di esplorare un po’ più a fondo il territorio e proprio il ricco calendario di uscite delle FNT costituisce la giusta occasione di approfondimento.
Una delle date risale a un paio di sabati fa, una benedetta sabida in cui ator no svolava una moscja perché c’era la partita di balòn di qualche Squadra con la “Esse” maiuscola. Serata calda, quella. C’era un caldo così denso da portelo tagliare col coltello, con gran disorientamento di noi Furlani, così avvezzi al golfùt cuant ch’al va ju il soreli e alla rassicurante compagnia dell’ombrello che fa timidamente capolino dalla borsa.
Qui, però, si sta facendo riferimento a uno di quei giorni con temperature che nus vèvin cuèts ancor prima di consentirci di ultimare il cambio del guardaroba. Date le condizioni climatiche favorevoli, in quel fatidico sabato chi non era incollato davanti a mega o microschermi azzurrognoli era uscito ben volentieri per respirare un po’ di brezza e andare a ingrossare il drappello di camminatori notturni radunati per l’occasione in quel di Interneppo.
Ad accompagnare e illuminare con torce e sapienza il cordone umano c’era un valente e sapiente staff di guide delle FNT.
L’ora era davvero quella dei gnòtui: luce crepuscolare dolce e morbida spegneva languidamente il profilo sempre incantevole del nostro amato Lago di Cavazzo che, ancora una volta, dimostrava la sua poliedricità offrendosi a noi da un’angolazione insolita, colto sul far della tenebra.
In lontananza, in alto sulla collina, man mano che il buio ci avviluppava, cominciava a brillare sorridente e un po’ tremula come un astro la Pieve di Cesclans, riaccendendo nella nostra mente bei ricordi di passate escursioni e la promessa di rinnovarle la visita.
Domanda ovvia sgorga nonostante il quadretto appena dipinto: cosa si va a vedere di notte??? Una bella nottolata estiva racconta con parole differenti quanto normalmente ci circonda: sono parole fatte di sussurri e canti, più che di grida e proclami; son contorni e profili abbozzati, più che figure iperrealistiche; sono supposizioni provvisorie più che verità assiomatiche. Così anche a Tarnèp by night: le voci degli animali notturni, gli spot delle lùsignis, lo scricchiolare dei rami sotto ai nostri piedi incerti nel cammino e le forme espressionistiche delle sedimentazioni rocciose illuminate dai led bislacchi. La incredibile numerosità e il frastuono dei canti degli uccelli andava a sfatare il mito che di gnot dut al è cuièt…
Lasciamo l’abitato di Interneppo alle nostre spalle e le suggestioni della sera, attraversiamo la provinciale e imbocchiamo il sentiero attrezzato che, scendendo, costeggia il lago. Ne percorriamo un tratto: l’intento è arrivare a casa. Sì, perché Val del Lago un domicilio ce l’ha, anche se – per definizione – Ecomuseo non necessariamente deve identificarsi con quattro mura e un civico: Ecomuseo è come lo spirito di una nazione secondo romantica memoria: è quel comune denominatore che permea di sé un luogo e vi rimane nonostante l’avvicendarsi delle generazioni dei sui abitanti. E’ cultura e natura insieme, è l’Ambiente che convive con l’Uomo in uno scambio che, nel tempo, diviene patrimonio da custodire e alimentare perché non si spenga e si disperda. Tuttavia, per motivi simbolici e scopi pratici, Ecomuseo Val del Lago un suo nido ce l’ha e si trova proprio lungo un tratto del sentiero su nominato. Il buio rotto appena dalle pile e da qualche lampada lasciava, infatti, intuire una bella struttura in legno con ampie e luminose vetrate, una sorta di foresteria adatta ad ospitare mostre, convegni, serate divulgative. Una alta torre osservativa rivolta verso il lago prometteva appaganti panorami e la comodità di poterli osservare a lungo per carpirne i segreti.
L’attività, però, più facile a farsi in orario da gufo era non tanto il birdwatching quanto il cjapâ – pavèis. Attrezzatura di basso costo – un linsuli, tre bostòns in crôs, una lampadina taglia extra large tal mieç: in men che non si dica nugoli di besteutis attratte dalla luce cominciavano a popolare il lenzuolo e a chiedersi quale fregatura fosse mai quella. Nel variegato gruppo si stagliava, ben evidente, un farfallone notturno con una punta di ala andata perduta e un altro farfallino verde e molto simile a una foglia di pioppo.
E noi? Noi divertiti a guardar besteutis e ad ascoltare i racconti ironici e scientifici allo stesso tempo del Dott. Francesco e degli altri nostri studiosi.
Noi beati e contenti in mezzo alla natura, nel cuor della notte; noi, lì a cavare i grilli dal buco e a contemplare il miracolo del Creato con occhi adulti che vogliono, però, cercare ancora di stupirsi e di lasciarsi cogliere dalla sorpresa.
Elisir par cirî di restâ zovins, amancul dentri.
Per i tuoi Cinquanta: buon compleanno, Biel Lant!