Udine torna alla vittoria, dopo due viaggi adriatici a vuoto. Ma per cominciare vorei spendere qualche parola su un fatto tutto sommato di contorno.
Al 37’ di gioco, mentre attacca Chieti, un duro scontro fra le ginocchia di Miki Ferrari ed Allegretti vede il primo zoppicare in panca, il secondo rimanere a terra apparentemente esanime.
Gli arbitri fermano il gioco e permettono i soccorsi; in quei lunghissimi secondi nessuno obiettivamente capisce cosa sia successo, finché il lungo teatino si alza, aiutato da un compagno e dal massaggiatore, e sofferente alla gamba raggiunge la panchina biancorossa.
Il pubblico, intero, si scioglie in un applauso di saluto e sollievo all’indirizzo dell’avversario ferito. Esatto: avversario.
Non voglio riavvolgere il nastro di una settimana: per me era tutto finito lunedì, per qualche altro (non friulano) meno, ma ci sta. Anche farmi notare che dovrei suicidarmi, che mia madre anziché sarta, come pensavo, esercitava il meretricio, che sono ad andar bene supponente, razzista, puzza sotto al naso, eccetera.
Si sono scomodate anche le avversarie alte sfere, per sancìre ufficialmente l’unione di intenti fra la società e la caldissima parte della tifoseria che ha meritato loro una multicina per qualche intemperanza di troppo, contro chi non li ha saupti capire. Io mi tengo l’applauso del PalaLongobardi all’indirizzo del “sette” avversario. Altrove facciano come credono, anche cercare di farmi cambiare idea. Difficile.
Udine parte patendo psicologicamente le ultime due sconfitte; attacca male, difende peggio e riesce a tenersi a contatto solo perché Chieti è squadra solida tutta raccolta attorno a Cade Davis, che nel primo quarto segna il cento per cento delle quattro sassate da tre punti tentate, e al vecchio bucaniere Mortellaro che viaggia in lunetta con frequenza inaccettabile. Ma ogni accelerazione biancanera li mette in difficoltà, ed amche Massimo “Cedro” Galli lo sa.
Urla, Lardo, ma Udine fatica e raggiunge il primo vantaggio sul 34-32 solo a metà secondo quarto. Chieti gioca semplice: alto-basso, dentro-fuori e la GSA contiene a stento la verve offensiva abruzzese. Onestamente il divario tecnico si vede, ma i frombolieri udinesi non riescono proprio ad inserire le quattro ruote motrici. È Allan Ray ad allungare a +4 il divario, che resiste fino al 30’ quando i punti di vantaggio saranno cinque.
Ma è il quarto periodo quello in cui l’A.P.U. inserisce le marce alte e Chieti non sa starle in scia: gli arbitri (nulla di particolare, solo qualche minuto di direzione “curiosa”) sanciscono due falli antisportivi alla Proger, che ha la spia del carburante e dell’autostima entrambe lampeggianti sul rosso; Davis non segna più nemmeno a sparargli, Golden è impalpabile, Zucca urla in faccia al nostro pubblico la rabbia dopo una schiacciata offensiva (nessuno ha invocato falli tecnici) ma si intuisce come per la formazione di Cedro Galli non ci sia nulla da fare. Finirà 79-64, con Udine che negli ultimi minuti di gioco tira i remi in barca e non infierisce.
Alla fine, come succede nello sport, la differenza la fanno i valori. Chieti è un collettivo quadrato, una squadra “di categoria” ben diretta in panca e solidissima fisicamente, ma quando i campioni di Udine si sono messi a giocare c’è stata poca partita. Allan Ray, secondo me ancora al 50% del potenziale, ha a tratti incantato la platea concedendosi ancora qualche errore di troppo: spariranno, intanto 22 punti e titolo di miglior marcatore della gara. Trickbox Truccolo ha messo in carniere 15 pezzi, tra cui un paio di tiri pesanti esiziali per le speranze teatine di rimonta; solita solidità da Miki Ferrari, che però giocando a fianco a Ray deve aspettarsi qualche magia a stelle e strisce (nel primo tempo Allan fa passare la palla dietro la schiena e la concede all’udinese, che sorpreso perde la maniglia); sontuoso Riccardino Castelli, solido al tiro e unico bianconero costante nei 40’ in attacco, ma anche (prese le misure all’avversario) in difesa. Inaspettatamente deciso anche Supergino, che inchioda una schiacciata su rimbalzo, qualche carambola di più e soprattutto barlumi di intimidazione difensiva. Zacchetti lo aiuta nell’arginare (come può) il marpione brizzolato col numero uno, piazzando anche un bel tiro in sospensione ma qualche errore di troppo da sotto.
Sospendo il giudizio su Stan Okoye, che gioca fisicamente non in ordine e solo per la perdurante assenza di Microwave Pinton; anche oggi stringe i denti, soffre e qualche sprazzo di gioco lo mostra. Ordinato Nobile, mentre SonnyBoy Traini inizia con timidezza, poi si scioglie e piazza un paio di triple al momento di scavare il divario.
Era necessario ritornare a vincere dopo le polemiche di domenica scorsa e la precedente, bruciante sconfitta di Forlì; necessario per l’autostima, per riprendere il discorso positivo, per caricarsi e caricare l’ambiente in vista della supergara di domenica prossima contro la Segafredo Virtus Bologna. Encomiabile il lavoro del team di Lino Lardo, anche oggi impegnato a calmare Ray dopo un’imperiosa esultanza a seguito di una bomba nell’ultimo quarto. Al solito esaltante il tifo del settore più caldo del palazzetto, in grado assieme ai bianchineri di trascinare il resto dell’arena. Ma contro le “Vu nere” di Alessandro Ramagli servirà ancora più calore. E in campo, la massima intensità fin dal primo salto a due.