Se lo spaziotempo fosse un liquido, avrebbe una viscosità bassissima, come i “superfluidi”. Un lavoro che ha visto collaborare la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste con l’Università Ludwig Maximilian di Monaco ha mostrato come dovrebbero comportarsi gli “atomi” che compongono il fluido dello spaziotempo, secondo alcuni modelli di gravità quantistica. Le considerazioni proposte in questo lavoro impongono vincoli molto stretti al verificarsi di effetti legati a questa eventuale natura “fluida” dello spaziotempo, mostrando che è possibile discriminare tra i modelli di gravità quantistica finora sviluppati al fine di superare la Relatività Generale einsteiniana.
E se lo spaziotempo fosse una specie di fluido? Se lo chiedono i fisici teorici che lavorano alla quantum gravity creando modelli che cercano di coniugare la gravità con la meccanica quantistica. Alcuni modelli di questo tipo prevedono che lo spaziotempo alla scala di Planck (10-33cm) non sia più continuo, come prevede la fisica classica, ma abbia invece una natura discreta. Proprio come i solidi o i fluidi con cui abbiamo a che fare quotidianamente, che appaiono composti da atomi e molecole quando li si osserva con sufficiente risoluzione. Una struttura di questo tipo implica in generale, ad altissime energie, violazioni della Relatività Speciale di Einstein (che è parte integrante della Relatività Generale).
In questo quadro di riferimento teorico è stata avanzata l’idea di trattare lo spaziotempo come un fluido. In questo senso la Relatività Generale sarebbe l’analogo dell’idrodinamica per i liquidi: questa infatti descrive il comportamento del fluido a livello macroscopico ma non dice nulla sugli atomi/molecole che lo compongono. Nello stesso modo, secondo alcuni modelli, la Relatività Generale non direbbe nulla sugli “atomi” che compongono lo spaziotempo ma descriverebbe la dinamica di quest’ultimo come un oggetto inerentemente “classico”. Lo spaziotempo sarebbe dunque un fenomeno “emergente” da entità più fondamentali, proprio come l’acqua è ciò che noi percepiamo dell’insieme di molecole di H2O che la costituiscono.
Stefano Liberati, professore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, e Luca Maccione, ricercatore dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, usando in maniera innovativa strumenti della fisica delle particelle elementari e dell’astrofisica delle alte energie hanno descritto gli effetti che si dovrebbero osservare se lo spaziotempo avesse una natura fluida. Liberati e Maccione hanno anche proposto le prime verifiche osservative di questi fenomeni. Il loro lavoro è stato appena pubblicato sulla rivista Physical Review Letters.
Più in dettaglio…
La meccanica quantistica è in grado di spiegare efficacemente tre delle quattro forze fondamentali dell’Universo (elettromagnetismo, interazione debole e interazione forte) ma non la gravità, che attualmente è descritta solo dalla Relatività Generale, una teoria che si sviluppa nell’ambito della fisica classica. Trovare un modello di quantum gravity (cioè una descrizione della gravità in un quadro di riferimento di fisica quantistica) plausibile è dunque una delle sfide più importanti della Fisica oggi, ma anche se i modelli proposti finora sono molti, nessuno si è ancora dimostrato soddisfacente e soprattutto sottoponibile a verifiche empiriche. Lavori come quello di Liberati e Maccione offrono nuovi strumenti per valutare la bontà di possibili scenari di quantum gravity.
Nei modelli in cui lo spaziotempo emerge da oggetti più fondamentali, in analogia con i fluidi, sono stati previsti e studiati in passato effetti che implicano modifiche nella propagazione dei fotoni, i quali viaggerebbero a velocità diversa a seconda della loro energia. Ma non basta: “Se si segue l’analogia con i fluidi non ha senso aspettarsi solo questo tipo di modifiche” spiega Liberati. “Se lo spaziotempo è un tipo di fluido, allora bisogna tenere conto anche della sua viscosità e di altri effetti dissipativi, cosa che nessuno aveva mai considerato in dettaglio finora”.
Liberati e Maccione hanno catalogato questi effetti e mostrato che la viscosità tende a far svanire molto velocemente fotoni e altre particelle nel loro tragitto, “Eppure noi possiamo vedere fotoni provenienti da oggetti astrofisici a milioni di anni luce da noi!” continua Liberati. “Se lo spaziotempo è un fluido, allora secondo i nostri calcoli deve trattarsi per forza di un superfluido. Questo significa che il valore della sua viscosità è bassissimo, prossimo allo zero”.
“Abbiamo inoltre previsto altri effetti dissipativi più deboli, che potrebbero essere osservati con future osservazioni astrofisiche. Se questo accadesse, si tratterebbe di un forte indizio a supporto dei modelli emergenti dello spaziotempo”, conclude Liberati. “Con la tecnologia attuale in astrofisica i tempi sono ormai maturi per portare la gravità quantistica da un piano meramente speculativo a uno più prettamente fenomenologico. Non si può immaginare un momento più interessante per dedicarsi alla gravità”.