La prima vera serata d’estate ha regalato un appuntamento speciale di sport e di cultura all’Oratorio Don Bosco di Manzano. La 28a edizione di “Giovani in festa”, animata da anni da Don Nino, anche ieri sera padrone di casa, ha ospitato il grande telecronista Bruno Pizzul in un “A tu per tu” con il giornalista Edi Fabris. Il grande Bruno nazionale dalla voce inconfondibile ed imitatissima, che ha narrato a milioni di italiani un calcio pulito e che oggi molti rimpiangono, si è soffermato su molti aspetti attuali a partire dai recenti Mondiali in un viaggio della memoria arricchito di numerosi aneddoti divertenti come quello della vicinanza chilometrica fra la città della sedia e la sua Cormons “ anche se sono divise dal confine storico del fiume Judrio”, come sottolinea lui stesso.
Rientrato il giorno prima dal Brasile dove commentava le partite per la Rai e Radio Montecarlo, Pizzul ha tracciato un bilancio della manifestazione brasiliana. “Sono contento che il tutto si sia svolto in un quadro di accettabile regolarità dal punto di vista dell’ordine pubblico, tenendo conto del clima pesante che si respirava al di fuori. Gli stadi, anche se non completati del
tutto, erano comunque molto belli e capienti in ogni ordine di posto. Ripensando ad Italia ‘90 ciò mi ha suscitato una certa invidia. Dal punto di vista delle strutture, l’Italia è indietro
di mille anni per non parlare dei nostri risultati sportivi. La Nazionale è uscita male ma il dopo è stato ancora più rabbrividente fra polemiche ed accuse. Prandelli ha visto crollare la sua immagine e l’atmosfera in casa Italia non era affatto idilliaca ma piuttosto un nido di vipere. L’etica è un modo di essere e non si può interpretare ad personam. La realtà è che gli italiani non amano il calcio, sono tifosi. Per quanto riguarda il gioco, nella fase ad eliminazione diretta le squadre si sono affidate alla tattica e lo spettacolo è venuto a mancare.
Ha vinto la Germania con pieno merito in quanto si è dimostrata la squadra più squadra di tutte, non legata a singole individualità ma al complesso, dimostrando che dei 23 giocatori a disposizione tutti potevano essere decisivi. Mi ha colpito la convinzione del popolo brasiliano che i giocatori verde-oro fossero i migliori. E’ una visione che ci portiamo dietro e che non trova più fondamento oggi”.
Un Pizzul che racconta a ruota libera curiosi aneddoti e i suoi esordi: “ Ho lasciato il Friuli a 17 anni. A Milano dove vivo non ho l’abitudine di bere vino perché non c’è la consuetudine di
trovarsi con gli amici, come qui da noi. Mia moglie non mi ha seguito molto per il calcio ma talvolta sì, soprattutto nelle terre fredde che lei ama. A Usa ’94 era con me al Giant Stadium
per la partita Italia- Irlanda. In quegli anni se vi ricordate c’era il comico Mandi Mandi che appariva spesso in televisione. Bene, nella tribuna di fronte a noi avevano esposto uno
striscione di 40 metri “Bruno, mole il bevi” che fece arrabbiare molto la mia signora che sbottò: “Bruno, ancje chi ti cognossin!
Il Mondiale che ricordo con più intensità è Messico ’70. Fui assunto dalla Rai l’anno prima anche se non avrei voluto fare il giornalista sportivo. Da buon giocatore mi erano pure antipatici! L’esperienza del Messico fu straordinaria. L’amico Beppe Viola mi fece notare che fui il primo ad usare il termine “goal” e non “rete”, come erano abituati invece Martellini e Carosio. Mentre la delusione fu Italia ’90: avevamo tutto per vincerlo, l’unica cosa che non doveva succedere era giocare con l’Argentina di Maradona a Napoli…. Mi ricordo che quando il regista, a fine partita, indugiava sul nero profilo del Vesuvio o su Mergellina, io mi feci prendere dal lirismo leopardiano per cercare di addolcire lo sconforto di una nazione e dissi frasi che fecero arrabbiare i miei colleghi.
Un altro mondiale indimenticabile fu quello dell’82 e le chiacchierate in friulano fra me, Bearzot e Zoff che facevano impaurire tutti gli altri che non capivano… in realtà parlavamo
del Friuli o del vino…A proposito di lingua, mi successe un fatto divertente a Mosca al seguito delle Olimpiadi. Un giorno dovetti chiamare mia mamma a Cormons. Dopo pochi istanti
la comunicazione si interrompeva. Mi informai e mi dissero di parlare in italiano perché qualcuno del KGB controllava le telefonate e il friulano risultava lingua sospetta. Non vi dico
la fatica per convincere mia madre a parlare in italiano!”
Tornado all’attualità, se la vittoria della Germania è frutto della programmazione e il premio partita servirà a valorizzare il settore giovanile, l’Italia vive invece nel marasma più totale: “Spesso da noi, come nei quadri dell’alta politica, si finisce per parlare dei nomi non tenendo conto che il nostro calcio risente della negatività e dell’immaturità dell’intera società italiana. Si continua a litigare per difendere un piccolo orticello mentre lo stato dei nostri impianti e spesso carente e sta portando ad un processo di desertificazione e il comportamento di alcuni tifosi è disdicevole, per non parlare della poca valorizzazione dei vivai. Ho la speranza che si possa fare qualcosa perché è finita l’era delle vacche grasse. Conosco la realtà delle scuole calcio all’estero: i ragazzi vengono lasciati giocare per sei ore di fila senza essere troppo torturati.
Chissà perchè qui iniziano a giocare e poi finiscono perché non si divertono più perché sono costretti a fare i professionisti anche dagli stessi genitori”.
Bruno Pizzul viene invitato a riflettere anche sul tema della comunicazione, turning point del nuovo millennio: “Indubbiamente l’evoluzione degli strumenti tecnologici ha inciso molto. Solo dieci anni fa certe modalità non erano nemmeno immaginabili. In realtà è la parola il mezzo più idoneo con cui cementare i rapporti umani. L’uso così diffuso di social network ci aggredisce
e ci opprime molto portandoci di fronte al rischio di una degenerazione dell’uso abbastanza pericolosa. Ci stiamo abituando ad una realtà sempre più virtuale. Nei telefonini intelligenti la
comunicazione avviene non con una persona ma con una macchina che fa da filtro e anche la televisione è un grande mezzo ma estremamente mistificatorio. Tornando al calcio la partita vera è quella che vedi allo stadio, quando senti l’odore dell’erba verde; il mezzo tecnico non può mai surrogare la realtà”.
Bruno parla come un tranquillo fiume in piena, incantando la platea con un italiano cantato e melodico. Un grande professionista che ha girato il mondo e si è fatto apprezzare anche per la sua
friulanità. In conclusione di serata Don Nino lo omaggia con un presente e le parole di stima, affetto
e riconoscenza : “ A l’amic Bruno, vos umane e sportive plui uniche che rare”.