Mi si perdoni il facile gioco di parole che, tra poche righe, sarà svelato. Spiace constatare che, dei due termini, il primo è quasi desueto, mentre il secondo…il secondo è quotidianamente lì, pronto a bussare ai nostri timpani, pronunciato da mille bocche, su mille media, in senso proprio o figurato. Guerra, guerra, guerra. Basta! Dolore, abbrutimento, volontà di potenza, cjapâ, copâ, comandâ, scugnî socombi. Vonde! Come se la vita terrena fosse eterna, l’uomo si è sempre alacremente ingegnato con estrema perizia, impegno, costanza a studiare come fare per… accorciarla, renderla finita, spegnerla. Pover’Uomo…
Così accade che guerre ufficiali e ufficiose scoppino e accoppino sempre Quelli.
La Memoria degli orrori passati e presenti che i conflitti vomitano addosso alle Comunità dovrebbe rimanere come una cicatrice incancellabile, profonda ed evidente.
Ogni base culturale probiotica farebbe bene ad affondare i suoi pilastri su un deciso ripudio (questa parola ha un che … di familiare, vero?) della guerra. Il condizionale, però, svela l’alta probabilità che la propensione estrema all’eliminazione fisica di un altro (definito socialmente “avversario”) sia…difetto congenito, tara ereditaria non correggibile neppure con le più avanzate forme dell’ingegneria genetica.
Che fare, dunque? Andare in Festa, ad esempio. Andiamo sul Festa, rettifico. Si tratta di un monte, alto circa 1000 m.; facile indovinare che abbia avuto a che fare con la Grande Guerra, dato il centenario. Base di partenza: Cavazzo Carnico. Qui è opportuna la visita delle sale ricavate al piano terra della ex latteria; ora esse son centro espositivo permanente riguardante la fortezza militare costruita sul Festa intorno al 1910 e la storia delle successive vicende belliche che lì ebbero luogo.
Ci si imbatte in cimeli quali elmetti o dispositivi per pronto soccorso; pannelli esplicativi raccontano che, dopo la disfatta di Caporetto, tra fine ottobre e primissimi giorni di novembre 1917, soldati arroccati sul Festa sparavano a lunga gittata su altri soldati con divisa di altro colore per far sì che quelli con uniforme “amica” potessero ritirarsi senza soccombere del tutto. Episodio significativo per il successivo evolversi delle sorti delle parti, episodio ancor più significativo per le sofferenze patite da tutti.
(Si sta poco a dir “sofferenza”! Beati noi, che non sappiamo nel concreto cosa sia la sofferenza di guerra! Ringraziamo ogni giorno – specie in quei giorni in cui scendiamo dal letto lamentosi e scontenti di dut – per questa nostra ignoranza “particolare”! Adoperiamoci al massimo per alimentare questo ignorare …conoscendo ciò che fu, andando a vederei i posti, fermandoci e permettendo a quello stesso vento che attraversava le valli cento anni fa di raggiungerci e di smuoverci un po’ dal torpore. Sic est).
Per arrivare sul Monte Festa si può percorrere una stradina sterrata che sale per circa 9 km; ci vuol energia e pazienza o l’occasione fortunata di un fuoristrada munito di permesso, come quelli messi gratuitamente a disposizione di noi turisti della domenica in occasione dell’inaugurazione ufficiale della sede espositiva di Cavazzo – si era nell’ultima domenica di settembre.
La salita in fuoristrada è – di per sé – un’avventura emozionante: grida di eccitazione dei bimbi a bordo si accompagnavano, infatti, a più composte – ma altrettanto partecipate – esclamazioni di chi, adulto, non aveva avuto precedenti esperienze motoristiche di tal fatta.
Il mezzo, infatti, letteralmente saltava sui sassi del percorso e si arrovellava in sapienti manovre quando il tornante era secco (concepito a misura di mulo, non certo di tutti quei cavalli meccanici); al nostro fianco, a poco a poco, si componeva un paesaggio di grande fascino: Valle del Lago, con il verdissssimo lago di Cavazzo visto dall’alto. Era davvero lui, in prospettiva inconsueta e, finalmente, abbracciato e compreso nella sua interezza nel solo spazio di uno sguardo! Soddisfazione non da poco per chi è abituato a goderselo dalla stessa quota da cui se lo godono… le papere!!!