“Oggi l’economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose perlopiù inutili, che altri lavorano a ritmi spaventosi, per poter comprare, perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente […]” (Tiziano Terzani, da “Anam, il senzanome”, Longanesi, 2004).
Si può benissimo essere imprenditori di successo, lavorare per anni in un’azienda dove tutto funziona per il meglio, dove tutto è organizzato alla perfezione e poi, d’un tratto, capire che questa è solo una metà del mondo, la metà più comoda e facile da vivere, quella che tutti conosciamo e a cui siamo abituati. Spesso, per vedere l’altra metà del mondo, dobbiamo venire travolti da una bufera, da un evento improvviso e inaspettato che ci scuote nel profondo, ci cambia per sempre e ci mostra la vita da un’altra prospettiva.
Questo è più o meno ciò che è successo a Franco Antonello, un uomo e un padre normale che ad un certo punto, proprio quando tutto sembrava filare liscio, si è trovato suo malgrado nel bel mezzo di una tempesta: Sono bastate poche parole: “Suo figlio probabilmente è autistico”. La prima reazione è stata di incredulità: non è possibile, deve essere una diagnosi sbagliata. Poi ho cominciato a mettere insieme piccole cose, elementi che prima ritenevo insignificanti, e sbagliavo. Allora scoppia un uragano, due uragani, sette tifoni. Da quel momento sei nella bufera. (Fulvio Ervas, “Se ti abbraccio non aver paura”, Marcos y Marcos, 2012 – p. 13).
Dopo la diagnosi, arrivano numerosi viaggi in Italia e in Europa, alla ricerca di conferme, di speranze, di possibilità, di nuove cure e terapie; è proprio seguendo Andrea nel suo lungo e faticoso percorso riabilitativo (che continua ancora oggi, a diciotto anni dall’amara sentenza), che Franco scopre l’altra metà del mondo, o forse un mondo parallelo, quello della disabilità e del sociale. In questo nuovo universo, intriso di sofferenza e infelicità, tutto appare casuale e disorganizzato, non ci sono certezze, le varie associazioni e centri che si occupano di ragazzi con bisogni speciali come quelli di Andrea sopravvivono soltanto grazie al volontariato e a qualche donazione sporadica, quindi spesso non riescono a lavorare bene e ad avviare progetti concreti e realmente efficaci.
Come ogni buon padre di famiglia, Franco vuole per suo figlio solo il meglio, quindi fatica ad accettare questa situazione, non è disposto a rassegnarsi e decide di provare a cambiarla. Dal 2005 nasce così a Castelfranco Veneto (TV) la fondazione “I bambini delle fate” (https://www.ibambinidellefate.it/), che è strutturata secondo una logica di tipo aziendale e si prefigge l’obbiettivo di organizzare una raccolta fondi in maniera continuativa, in modo da poter finanziare a medio e lungo termine progetti per i ragazzi con disabilità.
“Fare azienda nel sociale” è lo slogan della principale iniziativa promossa dalla fondazione: in cambio di pubblicità sui quotidiani nazionali e locali, le aziende aderenti si impegnano a fare una donazione mensile che, insieme ad altre donazioni, viene utilizzata per finanziare progetti rivolti alle disabilità infantili e proposti da strutture ospedaliere, enti o associazioni che operano sul territorio in cui sono presenti le aziende stesse; ad oggi si contano circa 400 aziende donatrici e 20 sono i progetti finanziati in 6 regioni italiane (Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana). Si è fatto tanto, ma non ancora abbastanza: il sogno di Franco Antonello, presidente della fondazione, è quello di coinvolgere sempre più aziende in tutta Italia e arrivare quanto prima a 4.000 aziende donatrici!
Il ruolo di presidente della fondazione “I bambini delle fate” occupa Franco per molte ore al giorno, tanto che dal 2008 affida la sua azienda di pubblicità e comunicazione ai collaboratori e vi si dedica a tempo pieno; naturalmente però c’è anche il tempo che trascorre con Andrea, cercando di interagire con lui, di entrare nel suo mondo, di capire i suoi pensieri, le sue emozioni e le sue reazioni, ma soprattutto di aiutarlo a crescere felice e di fargli vivere una vita il più possibile normale.
Ma spesso il confine tra normalità e follia è molto labile, queste due condizioni arrivano addirittura a sovrapporsi, a formare una specie di zona grigia dentro la quale, nostro malgrado, ci troviamo a galleggiare. Così nel 2010, in una sera di fine maggio in cui non riesce a prendere sonno, la mente di Franco è attraversata da un’idea improvvisa e certamente un po’ folle: partire con Andrea per un lungo viaggio in moto, tagliare l’America “coast to coast”, come due viaggiatori avventurosi in cerca di libertà. La partenza viene fissata per il 6 luglio, ma non c’è un programma preciso, dettagliato: da casa Franco prenota soltanto una motocicletta e un albergo a Miami, il resto verrà deciso alla giornata, dipenderà da quello che incontreranno lungo la strada, da ciò che ogni luogo offrirà loro e, naturalmente, dall’umore di Andrea.
Sin dall’inizio del viaggio, che durerà tre mesi, i nostri due centauri tengono un diario, così al ritorno Andrea potrà raccontare alla mamma e al fratello le sue avventure; non sanno ancora che, una volta tornati a casa, quei semplici appunti di viaggio si trasformeranno in qualcosa di diverso, più grande, più completo. In un primo momento Franco pensa di stamparne cento copie, da distribuire a parenti e amici, ma poi un amico li legge, ne rimane colpito e presenta a Franco lo scrittore trevigiano Fulvio Ervas: tra i due inizia un dialogo destinato a durare più di un anno e a concludersi con l’uscita del romanzo “Se ti abbraccio non aver paura”, in vendita in tutte le librerie dall’aprile 2012.
Il libro riscuote un successo strepitoso, tanto che ad oggi è stato venduto in 300.000 copie e tradotto in dieci lingue, così per Franco e Andrea arriva la notorietà e si accendono le luci della ribalta: vengono invitati a partecipare a numerosi talk show e a varie trasmissioni televisive, la storia del loro viaggio on the road appare su molte testate nazionali ed estere e in breve tempo fa il giro del mondo, facendo conoscere al grande pubblico il problema dell’autismo, che è certamente una malattia terribile ma con la quale si può convivere e attraverso la quale, forse, è possibile anche trasmettere messaggi di speranza e felicità.
Vista la fortuna del primo libro, Franco e Andrea decidono di scriverne un altro da soli, senza intermediari; questa volta raccontano la storia di un viaggio ben più lungo e complicato del precedente, quello che ancora oggi stanno compiendo insieme lungo la strada della vita. In “Sono graditi visi sorridenti” (pubblicato a novembre 2013 da Feltrinelli) il viaggio è raccontato dall’inizio, da quando Franco è un ragazzo che fa il cameriere nell’albergo di famiglia, e arriva fino al 2013, quando Andrea è un bellissimo ragazzo ventenne che sa di essere autistico, quindi “diverso”, ma è comunque convinto di poter aiutare gli altri attraverso la sua esperienza: Penso che la mia storia possa aiutare altri ragazzi ma non voglio dare un’immagine sbagliata. […] Vita bella sembra la nostra ma molto soffriamo ogni giorno. Io vorrei che si ricordasse anche questo. (Andrea, maggio 2012, cit. in Franco e Andrea Antonello, “Sono graditi visi sorridenti”, Feltrinelli, 2013 – p. 198).
Nel libro si parla anche dei progetti della fondazione “I bambini delle fate” per il prossimo futuro; tra questi spicca l’iniziativa “Sporcatevi le mani” (http://www.sporcatevilemani.it/sq/40730-homepage), un’avventura appena cominciata che per la prima volta coinvolge i privati: se cento persone residenti in una provincia italiana donano mensilmente almeno 20 € a testa, è possibile assicurare a un ragazzo autistico o con disabilità intellettive l’accesso ad un percorso riabilitativo personalizzato, analogo a quelli finora seguiti da Andrea. Nel suo primo anno di vita quest’iniziativa ha coinvolto circa quattrocento donatori e ridato speranza a ventotto ragazzi residenti nelle province di Vicenza, Treviso, Brescia e Taranto, ma l’obbiettivo a medio e lungo termine è di finanziare almeno un progetto in ogni provincia; anche per questo, dal 21 luglio al 30 agosto scorso, Franco e Andrea hanno visitato in moto tutte le regioni italiane, per parlare di autismo, ma soprattutto per abbracciare quanta più gente possibile e far capire che sporcarsi le mani non è sempre sbagliato, anzi, spesso è proprio la cosa più giusta da fare!