Il meccanismo fisico che genera la superconduttività nei materiali ad alta temperatura critica (come i cuprati, che oggi appaiono fra i più promettenti per le applicazioni tecnologiche) resta misterioso. Finora le osservazioni sperimentali non hanno chiarito se il fenomeno che opera nei superconduttori tradizionali – a bassa temperatura critica – basato sul concetto di “vestizione” (come lo chiamano i fisici) si possa osservare anche nei cuprati, ma uno studio, pubblicato su Nature Communicatons, coordinato da Elettra Sincrotrone di Trieste, dall’Università di Trieste e dall’Università Federico II di Napoli (al quale ha partecipato anche la SISSA) sembra confermare questa ipotesi.
“Immaginate una palla pesante che rotola su una rete elastica: cosa succede?” chiede Daniele Fausti, ricercatore di Elettra Sincrotrone di Trieste e dell’Università di Trieste. Fausti spiega così il concetto di “vestizione” in fisica: “il movimento della palla è rallentato perché ogni spostamento viene accompagnato da una deformazione della rete: l’oggetto non si comporta più come una sfera che rotola su un piano rigido ma come una sfera ‘vestita’ dalla deformazione della rete”. Perché il concetto di vestizione è così importante? “Perché è con questo che i fisici spiegano il fenomeno della superconduttività nei superconduttori tradizionali, cioè quelli che funzionano a temperature bassissime”.
“Continuando con la metafora, in questi materiali si verifica una situazione in cui le sfere pesanti sono due: regolando in modo adeguato la velocità del movimento, è possibile per esempio far muovere un’altra palla nella ‘scia’ della precedente. Le due sfere si ‘accoppiano’ viaggiando insieme e si comportano come un unico oggetto”. Questo dà un’idea di quello che succede agli elettroni nel reticolo cristallino del materiale superconduttore tradizionale. “Due elettroni normalmente si respingerebbero, per via della carica di segno uguale, ma in queste condizioni invece riescono a viaggiare insieme, dando origine alla superconduttività”, continua Fausti.
La superconduttività è una proprietà dei materiali che può essere sfruttata in molti modi, per esempio in campo medico o addirittura nei trasporti. La difficoltà nel maneggiare questi materiali che diventano superconduttori a temperature bassissime, prossime allo zero assoluto (-273°C) e difficilmente raggiungibili, li rendono però poco attraenti nel campo delle applicazioni tecnologiche. Gli scienziati più recentemente hanno individuato altre famiglie di superconduttori come quella basata sugli ossidi di rame, o cuprati, che esibiscono le loro proprietà a temperature sensibilmente più alte (-196° C) e che dunque promettono una più alta facilità d’uso. Il meccanismo che agisce in questi nuovi materiali però resta misterioso. “Le evidenze sperimentali non hanno mostrato che qui entri in gioco la vestizione”, spiega Fausti.
“Ma ne siamo davvero certi?” si è chiesto lo scienziato. Fausti insieme a Fabio Novelli, di Elettra e Università di Trieste e primo autore dello studio, e agli altri ricercatori coinvolti, ha ideato una nuova tecnica per guardare direttamente alla vestizione delle eccitazioni in sistemi complessi. Utilizzando impulsi di luce ultracorti a frequenze diverse, è possibile studiare la reazione del così detto “campo bosonico” a cui gli elettroni sono accoppiati in un cristallo di La2CuO4, capostipite della famiglia dei cuprati. Se gli elettroni sono le sfere pesanti e il reticolo cristallino del superconduttore la rete elastica, gli impulsi di luce sono una forza oscillante che spinge gli elettroni sulla rete. Cambiando la frequenza dell’impulso di luce i ricercatori hanno osservato direttamente la reazione della rete elastica, e per certe frequenze la sua reazione si è mostrata sufficientemente veloce per “vestire” la sfera.
“Questa osservazione ora può guidare la ricerca sulla teoria dei superconduttori ad alta temperatura”, commenta Massimo Capone, ricercatore della SISSA che ha partecipato allo studio nella sua parte teorica. “Stando a questo risultato infatti gli elettroni vanno sicuramente incontro a un processo di accoppiamento mediato da una rete che li tiene uniti nonostante la forte repulsione Coulombiana”. Oltre al risultato sperimentale lo studio ha anche il merito di introdurre una nuova metodologia con prospettive promettenti nello studio dei materiali del futuro.
Allo studio, che fa parte del progetto GO FAST finanziato dall’Unione Europea, hanno partecipato anche il politecnico di Milano, l’Università Cattolica di Brescia, l’IFO di Barcellona, l’Istituto Riken di Tokyo, l’Università di Oxford e quella di Colonia.