Come si fa a non fermarsi davanti a un campo come questo! Benedetta stagione dei profumi e dei colori, pennello naturale dispensatore di Bellezza! In questo appezzamento coltivato il Biel e il Bon si alleano in una supervirtù che può guarire parte del nostro perenne stato di insoddisfazione e di non accettazione delle cose umane.
I mille papaveri rossi e tremuli visibili in foto sono stati ripresi tal mieç dai çiamps, appena imboccata la stradina bianca che deraglia dalla provinciale di collegamento tra i Comuni di Moimacco e Remanzacco (UD). Questa veduta, fortunatamente, si replica numerose volte nella campagna friulana e ci racconta di una Regione che tenta di dài cuintri al ritorno del bosco e all’abbandono della sacra attività di coltivazione di Madre Terra. Molti di noi avranno visto segni concreti che fanno presagire tale rischio: fienagioni non più fatte, appezzamenti non più arati e preparati ad accogliere nuovo germe, rovi e baraçs che avanzano minacciosi. Le ragioni sono complesse e legano insieme fattori economici, generazionali, culturali e sociali; ognuno di noi avrà ad esse attinto per trovare risposte e, in qualche maniera, giustificare questo divorzio tra l’uomo e la vanga. Uomo degli anni Tremila che, oltretutto, prende le distanze dalla fonte primaria (dopo il sole, s’intende) del suo sostentamento, quasi abituandosi all’idea che, a breve, gli basterà “farsi una ricarica” per “funzionare” efficientemente..
Ecco allora che la meraviglia e lo stupore quasi infantili sono ancor più intensi quando, in un domenicale e pigro vagare campagnolo in sella ad una bicicletta, inatteso compare quel mare rosso e ondeggiante. Si nascondeva allo sguardo fino a poco prima, perché ospitato dove il terreno perde quota e si pone a un livello ben più basso rispetto alla strada. Siamo, infatti, in prossimità di un argine. Tra una buca e l’altra, la stradina subito lo preannuncia assumendo una lieve ma costante pendenza e portandoci fino ad un ponticello. Lì nei pressi confluiscono due torrentelli, uno più severo e rigoroso, con evidenti tracce di bonifica, interventi di rettifica del letto e disciplina degli argini. L’altro un po’ più…romantico, con tratti di acqua stagnante e fitta vegetazione a canneto, nel mezzo del quale un fragore di gagliardissime rane fa sentire, ad ogni imbrunire, le proprie sacrosante ragioni in un unisono gracidìo contro cui non c’è megafono che tenga. Basta, però, un rumore inaspettato e a loro sconosciuto per interrompere il coro e gettarlo nell’attesa sospettosa e guardinga che la potenziale minaccia sfumi lontana.
Arrestiamo il nostro pedalare proprio sul dorso del puintùt, metaforico punto d’incontro tra caratteri e microcosmi diversi, e da lì ci libriamo in volo con lo sguardo, spaziando sulla spianata circostante. La carne sanguigna e sottile dei petali di papavero tra le spighe ancora verdi e umide cattura tanta della nostra ammirazione, se non altro per il contrasto dei colori che crea e per la numerosa popolazione di questo fiore che, atteso e previsto, ha anche quest’anno pacificamente invaso il campo messo a coltura con attenzione e perizia da un Agricoltore che non si vûl – par furtùna – rindi.
Il nostro repertorio iconografico nutrito di luoghi comuni e di immagini governate dai mass media riporta alla mente (di chei no propit zovinus) quei puzzles dalle tessere infinite e tutte uguali che ci facevano strabuzzare gli occhi – ricordate?! – in qualche sera invernale di epoche socialmente e culturalmente remote. Sorridiamo nel chiederci chi, oggigiorno, sia disposto ad abbandonare per una sera i suoi social per andare a ricostruire, pezzo dopo pezzo e incastro dopo incastro, una fotografia su cartone di un campo di papaveri ròt in mil tòcs! Sorridiamo ancora – stavolta con una lieve puntina di nostalgia per i “beati tempi andati” – nel pensare che, oggi come oggi, i primi a non farlo siamo proprio noi e, anzi, con stupore pensiamo che ci son state epoche in cui ci siamo dedicati a un hobby di grande pazienza. Come sempre, nella Vita, dut al torna e, forse, il grande piacere che proviamo guardando a lungo il caro campo di papaveri rossi ha le sue origini proprio in quelle sere invernali e a quel tormentato Van Gogh che, un tempo gettonatissimo nei suoi dipinti commercializzati in versione puzzled, sapeva raccontare paesaggi dell’anima traendo parole di colore dagli scorci della Natura.