Da assessore cui è attribuita la grande
responsabilità della Salute in regione, voglio rassicurare i
cittadini: nessuno ha motivo di preoccuparsi per le conseguenze
della riforma della Sanità. E non hanno ragione di preoccuparsi
nemmeno i primari ospedalieri.
Confesso infatti che mi ha stupito la durezza dei toni nelle
accuse che l’ANPO, il sindacato dei “primari”, ha indirizzato a
me, anche attraverso i media. Sono polemiche e
strumentalizzazioni ingiustificate.
Dichiaro subito di essere pronta a dimostrare, discutendone nelle
sedi preposte, che le accuse di discriminazione della componente
ospedaliera rispetto a quella universitaria sono del tutto
immotivate. Su questo auspico anch’io un confronto in cui
spiegare le scelte fatte e dimostrarne l’opportunità.
Le recenti polemiche mi hanno allertata sul rischio che
un’imprecisa conoscenza della riforma dell’organizzazione della
Sanità regionale possa generare incertezza nei professionisti
della salute, ma soprattutto nei cittadini.
E’ necessario allora ribadire ancora una volta che l’attuazione
della riforma non prevede tagli a reparti e servizi, ma il loro
miglior funzionamento. Vogliamo garantire risposte concrete ed
efficaci ai bisogni di salute dei cittadini, in ogni fascia
d’età, creando le migliori condizioni di lavoro per medici e
infermieri. Questo significherà inevitabilmente andare a toccare
qualche poltrona, ma solo lì dove essa è manifestamente inutile.
Per chiarire ancora la posizione della Regione e superare le
polemiche, vorrei fornire alcuni dettagli su questo processo di
riforma, relativamente al “caso primari”.
Un ospedale è una struttura di grande complessità, che comprende
una molteplicità di servizi e di figure professionali che devono
essere perfettamente integrati tra loro, attraverso una precisa e
funzionale organizzazione.
All’interno di questa organizzazione i direttori delle strutture
operative complesse (i primari di una volta) svolgono un
importante ruolo di direzione e anche di gestione delle risorse a
loro assegnate. Il direttore di struttura è tale proprio perché
oltre a svolgere un ruolo clinico ha anche questa ulteriore
funzione organizzativa, nelle logiche del sistema di
programmazione regionale e aziendale.
Non a caso la legge di riforma della sanità regionale prevede
anche una riorganizzazione di queste strutture operative
complesse, per permettere di garantire a tutti i cittadini cure
di qualità e tempestive, anche attraverso un attento utilizzo
delle risorse. Risorse che, è bene non dimenticarlo, vengono
dalle tasse dei cittadini. Come sempre dichiarato nella fase di
elaborazione della riforma e come peraltro previsto nella stessa
legge, la Regione si è impegnata anche a uniformarsi agli
standard oggi concordemente ritenuti ottimali per organizzare
l’erogazione dei servizi.
In questo contesto è prevista anche la riduzione del numero delle
strutture operative complesse per una logica e indispensabile
ottimizzazione di un sistema che negli anni talvolta ha visto
un’eccessiva ridondanza, spesso non dovuta ad effettive necessità
organizzative.
La delibera che la Giunta ha adottato sui cosiddetti “primariati”
prevede un ridimensionamento del numero di queste strutture, ma
solo per eliminare i cosiddetti doppioni. Intendiamo infatti
accorpare esclusivamente quei reparti che, in uno stesso
ospedale, si ritrovano a erogare le stesse prestazioni. Reparti
che spesso si trovano, per le ridotte dimensioni, a non avere
quella casistica sufficiente a garantire livelli adeguati di
qualità e sicurezza delle prestazioni.
Questa delibera riguarda tutte le strutture ospedaliere del
Friuli Venezia Giulia, ma ha suscitato grande preoccupazione
laddove operano fianco a fianco reparti ospedalieri ed
universitari, nel timore che il ridimensionamento “favorisca” gli
universitari.
Su questo punto ritengo importante ricordare che le regole che
disciplineranno i rapporti tra ospedalieri e universitari nelle
singole aziende devono ancora essere scritte. E, come ho sempre
dichiarato, nella definizione di tali regole il confronto
coinvolgerà tutti i soggetti interessati. Di sicuro sarà
garantita pari dignità a tutte le componenti. Parallelamente
sottolineo che nessuno sarà mandato via e che per la completa
applicazione prevediamo tre anni di tempo.
Ecco perché ritengo non fondate le preoccupazioni che si stanno
manifestando, e questo il motivo per cui sono ingiuste le accuse
di azioni discriminatorie nei confronti di una categoria.
Ma soprattutto mi preme ripetere che l’unico vero interesse a
dover sempre prevalere è quello dei cittadini. A loro dobbiamo
assicurare un buon uso delle risorse perché solo usando bene le
risorse saremo in grado di garantire l’erogazione delle migliori
cure. E io confido che lo faremo con l’aiuto di tutti i
professionisti impegnati nella nostra sanità.