Ce ne ho messo, di tempo, prima di decidermi a stendere inutili righe, chiosa di una delle più penose esibizioni della storia recente dell’Udinesecalcioessepià.
Qualche collega con cui ho collaborato affermò che un dilettante (qual mi pregio d’essere) può scrivere o meno, ma delle sue parole nessuno sente la mancanza, né la necessità. Non risposi, all’epoca, la ragione per cui lo faccio: l’oscuro egoista inesplicabile desiderio di scaricare le emozioni sulla carta, seppur virtuale. Come Pantani saliva veloce per abbreviare la sua sofferenza, io trasfiguro me stesso scrivendo.
Anche di “robe brutte” come quella di oggi. Uno zero totale: grinta, gioco, tiri in porta, carisma dell’allenatore, rispetto per le decine di friulani al seguito. Zero alle dichiarazioni di Pozzo, a fine gara: il quale sì, col plauso dei presenti nella televisione societaria cui parla, ammette la pochezza della gara e le proprie responsabilità; ma al contempo invita il tifoso medio a non scassare i cabasisi, ché se ne parla a fine campionato e inoltre la guida tecnica non si cambia dato che in giro di meglio non c’è. In Spagna (da dove il Paròn parlava) la curva ospiti del Matusa, ben fornita di bianconeri al seguito, evidentemente non era mai stata ben inquadrata.
L’Udinese oggi ha perso una gara-chiave: non intendo la salvezza, anche se probabilmente per le prossime tre gare di punti non ne farà (Roma, Sassuolo, Napoli); parlo del fatto che, risultati alla mano, contro squadre chiaramente da serie B come Hellas, Carpi e Frosinone in trasferta ha raccolto un solo punticino e almeno due prestazioni disastrose. Quindi?
Quindi se oggi, al cospetto dei gialloblu friulani (nell’enigmatica scelta delle casacche, quantomeno i colori sociali sono stati risparmiati dall’ordierno nulla), ci fossero state Crotone o Bari, i “nostri” avrebbero perso ugualmente. Perché in giornate come quelle del Matusa l’Udinese par provarci gusto, a perdere. Ad iniziare dal mister, che schiera un virtuale 4-3-3 dove subito si capisce che Di Natale, anziché da rifinitore (come domenica scorsa), agisce da unica punta. Nella ripresa i bravi commentatori dicono che avrebbe, l’Anziate, abbassato Bruno a centrocampo per dare una spalla a Totò. Mah. A me è sembrato da subito un 4-5-1, anzi 4-5-e-mezzo dato che pretendere sportellate dal diez contro gente come Blanchard è sciocco.
La prima rete è una papera di Karnezis, che non addomestica un tiro di Daniel Ciofani scoccato da distanza siderale e con forza decisamente controllabile; la pietra tombale sulla gara l’ha messa Leonardo Blanchard, che al quarto colpo di testa concessogli, ancora una volta solo in area non si può esimere e timbra il cartellino. Game over.
Ma sarebbe riduttivo disconoscere i meriti dei domestici, che oggi hanno passeggiato sulle rovine dell’Udinese di Colantuono e Pozzo: la squadra biancanera è questa roba qui. Roba che esalta Gori, Dionisi, Ciofani, il ballerino Paganini e un tedesco venticinquenne, dall’aspetto d’un campione stiriano di taglio di tronchi, reso Garrincha da una difesa semplicemente inesistente.
Qualcuno fra Voi si lamenta, simpaticamente, della mia poca capacità di sintesi: oggi chiudo con quattrocento battute in meno del solito: a sancire che di cose da dire ve n’è pochissime. Solo un paio, più.
Primo: sono arcisicuro, lo ridico, che l’anno venturo l’Udinese giocherà ancora in massima categoria. Ma se ci fossero delle retrocessioni extra, diciamo ad ignominiam, se la meriterebbe senz’altro. E sulla tabula rasa di giocatori auspicata da molti fra noi, beh forse varrebbe la pena che molti fra questi scendessero in B a giocare contro Entella, Cittadella o Spezia. Altroché “siamo pronti a sederci al tavolo con l’Inter”.
Secondo: esiste un’educazione sportiva. Si gioca, al meglio delle proprie possibilità; se si perde si stringe la mano all’avversario e si onorano i tifosi, i propri e quelli avversi. L’Udinesecalcioessepià sta mostrando la peggiore maleducazione sportiva che si sia vista sotto l’arco del Friuli, e de relato nel Dacia Bunker. Impegno scarso, aldilà dei limiti tecnici; mille scuse e giustificazioni, che parlano di continuità come se farne una bene e sei male fosse colpa del caso, del tempo, delle cavallette. Qualche anno addietro la Sampdoria in crisi si presentò, Palombo in testa, sotto la curva prima di una gara e fu sonoramente fischiata e rimproverata dai propri sostenitori. Stettero lì, a testa china, perché sapevano di meritarselo. Fra voi uno solo ha pietito scusa per le sue mancanze di una gara, prima di essere dimenticato da qualche parte in panca; agli altri non oso nemmeno chiedere una cosa del genere. La vostra maleducazione fa vergognare me, abituato ad assumermi responsabilità. Voi state uccidendo la passione di questa gente, siatene consci quando, tronfi e fieri, vi farete fotografare con la sciarpa della nuova squadra, che annuncerete essere l’unica nella quale avete sempre sognato di giocare. Avrete già dimenticato, avete già dimenticato: mi vergogno per voi, perché voi non lo fa(re)te.