Il terremoto del Friuli Venezia Giulia
prima e quello dell’Emilia-Romagna poi hanno rappresentato una
sorta di “palestra” dove mettere a punto – seppur in modo diverso
e con strumenti sempre più qualificati – i concetti di business
continuity (continuità operativa aziendale) e disaster recovery
(ripristino sistemi, dati e infrastrutture necessari
all’erogazione di servizi per le imprese). Due momenti della
nostra storia che dovrebbero fare scuola affinchè non ci si trovi
impreparati nel caso in cui si dovessero verificare in Italia
altri casi simili. Ciò è quanto emerso oggi nel corso del
convegno dal titolo “Continuare la produzione dopo un terremoto.
Cosa si può fare, prima della scossa, a costo zero” svoltosi
nella sala congressi della Fiera a Pordenone.
Organizzato dall’Unione industriali della provincia di Pordenone
con la collaborazione dei collegi provinciali dei Geometri,
Ingegneri, Architetti e Periti industriali nonché dell’Università
degli studi di Parma e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco,
la giornata di lavori ha voluto porre al centro dell’attenzione
quanto avvenne in Emilia e Romagna nel 2012 per capire come si è
intervenuto per ridurre al minimo le criticità soprattutto legate
alla produzione.
A tal proposito l’assessore regionale Paolo Panontin, oltre a
ricordare il valore della Protezione civile regionale nata
proprio a seguito del sisma che sconvolse il Friuli Venezia
Giulia, ha soffermato l’attenzione sulla necessità di dare sempre
maggior peso alla pianificazione degli interventi di business
continuity affinchè le aziende non siano messe in ginocchio in
caso di eventi naturali disastrosi. Dopo aver ricordato quanto
accadde nel distretto biomedicale di Carpi e alla Toyota in
Giappone a seguito delle forti scosse di terremoto, l’assessore
regionale ha sottolineato la necessità di investire sempre più
nella pianificazione strategica ex ante per mitigare il rischio.
Operazione questa che richiede uno sforzo notevole di
istituzioni, imprese, professionisti e anche cittadini e dove i
risultati diventano facilmente tangibili e apprezzati nel momento
in cui si dovessero verificare delle calamità naturali. Questo
concetto si riassume nella costruzione di ambienti di lavoro
sicuri e nella promozione della cultura della prevenzione
quotidiana, che comprenda un programma di formazione rivolto ai
lavoratori ed alla popolazione con le migliori strategie per la
fase di ripresa post-sismica.
Inoltre è stato ricordato come proprio in occasione del sisma del
’76, in Friuli Venezia Giulia – seppur in modo spontaneo e non
organizzato – venne messo in atto il concetto di resilienza. Di
fronte al disastro, la comunità regionale seppe infatti attivare
un processo di adattamento, facendo affidamento su senso di
appartenenza alla comunità, reattività agli eventi negativi,
valorizzazione delle competenze utili ad affrontare e superare le
difficoltà e meccanismi di sostegno sociale e coinvolgimento
delle comunità. Tutto ciò divenne poi un modello e costituì la
base per i successivi processi di ricostruzione.