Carissime Jo e Sabrina, spero vogliate perdonarmi se per intitolare questo articolo rubo l’incipit di una vostra canzone, ma dovete sapere che nel febbraio 1991, mentre voi gridavate questa grande verità dal palco dell’Ariston di Sanremo, una ragazza bresciana non ancora ventenne, che frequentava l’Istituto Magistrale, cercava il suo posto nel mondo e già lottava per affermarsi come donna.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, eppure Cinzia Rossetti non ha mai smesso di combattere per conquistare un proprio spazio all’interno della società, che purtroppo sembra essere pronta ad accogliere solo chi “ha le gambe”; non che Cinzia non le abbia, intendiamoci, semplicemente non può usarle abitualmente per camminare, poiché sin dalla nascita è affetta da tetraparesi spastica.
La disabilità ha sicuramente reso un po’ più difficoltoso il suo percorso sul sentiero della vita, ma non le ha impedito di inseguire i suoi sogni, riuscendo anche a realizzarne parecchi. Un traguardo importante, che le ha permesso di gettare le basi per il suo futuro professionale, è stata la laurea in Scienze dell’educazione, conseguita nel 2001 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia; questo titolo di studio le ha aperto le porte della ASL cittadina, presso la quale ha svolto un tirocinio di nove anni come educatrice, aiutando decine di ragazzi a scegliere la propria strada al termine della scuola superiore.
Parallelamente al suo impegno alla ASL, ha frequentato un corso di formazione nell’ambito del Progetto Calamaio, che nell’arco di quattro anni le ha fornito gli strumenti e le nozioni necessarie per diventare un’animatrice e far conoscere la diversità (che non va intesa esclusivamente come disabilità) ai bambini e ragazzi in età scolare, incoraggiandoli soprattutto a non arrendersi al primo ostacolo.
Così Cinzia Rossetti è riuscita, non senza difficoltà, ad affermarsi come persona e come professionista, facendo in modo che le sue abilità e competenze risultassero più evidenti rispetto alla sua sedia a rotelle; ma ancora più importante era ed è per lei venire apprezzata in quanto donna, ovvero creatura capace di emanare fascino e sensualità. Come raggiungere quest’obbiettivo, ben sapendo che, in barba all’italiano, nell’opinione comune “sensualità” non fa rima con “disabilità”?
A indicarle la strada arriva nell’ottobre 2009 una mostra fotografica sulla disabilità, allestita in piazza Carignano a Torino su proposta della Fondazione Paideia, promotrice del programma Open to All (un percorso di condivisione e approfondimento sulla disabilità nei suoi molteplici aspetti); tra i quaranta scatti realizzati per la mostra, che portano la firma di otto diversi fotografi, ve n’è uno che più degli altri cattura l’attenzione di Cinzia: è un ritratto della ballerina (nonché pittrice e scrittrice) Simona Atzori, alla quale lo scorso mese di settembre ho dedicato l’articolo “Volando senza ali”. Essendo rimasta profondamente colpita dalla bellezza di questa fotografia, appena rientrata a casa dopo aver visto la mostra, la trentottenne di Botticino (BS) si mette subito all’opera per scoprire chi sia il “mago dell’obbiettivo” capace di produrre una tale meraviglia, così si imbatte nel professionista torinese Paolo Ranzani.
Inizialmente Cinzia lo contatta per congratularsi con lui e chiedergli informazioni sulla mostra, accarezzando il sogno di vedere le stesse foto esposte in una piazza della sua città; lo scambio di e-mail sul tema prosegue per qualche tempo, ma poi il discorso viene accantonato perché risulta difficile coprire le spese necessarie all’allestimento della mostra. È a questo punto che Cinzia decide di mettersi in gioco personalmente e chiede a Ranzani di immortalarla in alcune pose che facciano emergere la donna che è in lei, focalizzando l’attenzione dell’osservatore sulla sua sensualità e femminilità, piuttosto che sulla sua disabilità; il fotografo, da sempre impegnato nel sociale, acconsente volentieri, così tra i due si instaura una collaborazione attiva, oltre che una bella amicizia. Il risultato di questa sinergia è un book fotografico che non ha proprio nulla da invidiare a quelli delle modelle più quotate.
Una volta visionati gli scatti, Cinzia ne è davvero entusiasta, perciò, anziché limitarsi a pubblicarli sui social network (attraverso i quali non si stanca mai di lottare per la non discriminazione e le pari opportunità di ogni individuo) decide di provare anche ad inviarli a varie riviste femminili e agenzie di moda; non passa molto prima che alla sua casella e-mail arrivi un messaggio, il responsabile di una di queste agenzie vorrebbe incontrarla! Fin qui tutto sembra andare a gonfie vele, però… c’è un però, un dettaglio che la nostra aspirante modella aveva volutamente trascurato ma che ora non può più passare sotto silenzio: se dovesse venire ingaggiata, tra i suoi “ferri del mestiere” non potranno esserci soltanto abiti provocanti, scarpe con il tacco dodici, borsette di coccodrillo, profumi inebrianti e ombretti glamour, eh no, dovrà per forza esserci un accessorio in più, che farà di lei la prima modella italiana “su ruote”.
Dopo questa rivelazione, un silenzio imbarazzante, l’agenzia sembra sparita nel nulla! Ma Cinzia non si dà per vinta: all’inizio del 2011, grazie alla complicità di un’amica, riesce a far approdare la sua storia alla trasmissione di Rai Tre “Racconti di vita”, che il 16 gennaio, in una puntata che si intitola “Visabili”, parla anche di lei.
Intanto la collaborazione tra Cinzia e Paolo continua, i due uniscono le proprie forze per lanciare un’idea innovativa, sebbene un tantino provocatoria: anche le persone disabili, uomini o donne che siano, possono diventare protagoniste nel mondo della moda, se lo desiderano. Animati da questa convinzione, il fotografo e la modella contattano altre ragazze che vogliano vivere la loro stessa esperienza e le loro stesse emozioni, così prende vita una mostra itinerante dal titolo “La femminilità è donna”, che oltre a Cinzia coinvolge diciassette ragazze e altrettanti fotografi, con diversi livelli di professionalità e sensibilità; tutti gli scatti realizzati per la mostra (che fino ad oggi sono stati esposti a Brescia e in varie città lombarde) sono corredati da una biografia della ragazza che ritraggono e da un breve testo nel quale il fotografo di turno racconta le emozioni provate durante la realizzazione del servizio. Visto il successo riscosso da quest’iniziativa, non è escluso che in futuro essa venga riproposta coinvolgendo altri fotografi e altre modelle.
Nel frattempo, negli ultimi mesi del 2013, nasce anche Fashion Able, una sezione dell’agenzia di moda torinese Fashion Team, con la quale Paolo Ranzani ha frequenti rapporti professionali, creata con l’intento di rappresentare modelli e modelle con disabilità; Guarda caso, una di queste modelle è proprio Cinzia Rossetti, che sin dal principio è stata la vera “mente” di questo progetto, in Italia ancora unico nel suo genere; come afferma la stessa Cinzia, nel nostro Paese la mentalità è piuttosto arretrata e il mondo della moda non è ancora pronto ad aprirsi alla disabilità, al contrario di quanto invece accade all’estero, dove le passerelle vengono calcate abitualmente anche da modelle disabili (pensiamo ad esempio all’anglo-brasiliana Samanta Almeida Bullock che, pur essendo paraplegica dal 1992, è riuscita ad affermarsi sia nella moda che nello sport diventando fotomodella e pluricampionessa di tennis in carrozzina).
Purtroppo le barriere mentali che Cinzia cerca di abbattere con tutte le sue forze, non le impediscono soltanto di sfilare in passerella, ma le rendono difficile anche la vita quotidiana; infatti, benché ormai da cinque anni viva per conto proprio, potendo contare sul supporto di un assistente domiciliare che sta con lei ventiquattro ore su ventiquattro, i fondi per la vita indipendente che riceve dalla Regione Lombardia sono davvero esigui e non bastano a coprire tutte le spese che deve sostenere. Per fortuna fino a oggi, grazie a collaborazioni occasionali e a progetto (instaurate perlopiù con la “sua” università), Cinzia ha sempre percepito un piccolo reddito mensile che, sommato ai fondi di cui sopra, all’aiuto economico stanziato dal Comune e all’indennità di accompagnamento, le ha permesso di condurre un’esistenza dignitosa; ma a quanto pare, da settembre la musica cambierà, visto che il suo contratto come tutor alla facoltà di Scienze politiche e sociali (corso di laurea in Scienze del servizio sociale) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia non verrà rinnovato. Ecco perché al momento la nostra aspirante modella è alla ricerca di una nuova occupazione, non per forza attinente ai suoi studi, ma comunque appagante e tale da permetterle di continuare a sentirsi una cittadina (e una donna) come tutte le altre, ancorché disabile, ribadendo così nuovamente che: “oltre alle gambe c’è di più!”.