Sull’Udinese di Iachini, alla prima uscita in campionato
è calata una nebbia fitta risolvibile solo attraverso
molto lavoro sul gruppo squadra…
E’ il ritorno dell’Udinese/”spezzatino”. Al debutto di fuoco ufficiale della squadra attualmente in mano a Mister Beppe Iachini abbiamo assistito ad una scena che forse può per certi versi essere considerata come preventivabile. Abbiamo assistito alle immani peripezie che un gruppo appena formato o addirittura in fase di consolidamento come quello retto dal Mister ex Palermo ha dovuto compiere nell’affrontare la prima gara di campionato, quella difficilissima contro la Roma all’Olimpico. Ovvero abbiamo potuto soppesare l’immane impatto che le difficoltà secondarie relative ad una partita d’esordio così difficile da affrontare hanno avuto sulla gara dei bianconeri friulani. Che nel primo tempo ce l’hanno fatta a fornire una prestazione più che convincente soltanto in ragione di forza d’inerzia, visto che l’entusiasmo della truppa nostrana ha permesso alle zebrette di andare avanti fino alla fine di un primo tempo che non ha presentato particolari ostacoli di scenario. Poi, subentrata la prima difficoltà sostanziale relativa alla concessione di un più o meno giusto ed evidente, ma sicuramente di sussistenza controversa, calcio di rigore a favore della Roma che secondo qualcuno era inesistente ecco che davanti al percorso di iniziazione della nuova Udinese si è presentata una grande asperità, un megagalattico pendio tutto da affrontare e “risolvere”. Ed improvvisamente tutto è incominciato ad essere in salita. Ecco che le acerbe gambe di quegli entusiasti “passisti” che corrispondono ai bianconeri hanno incominciato ad alzare bandiera bianca. Davanti ai professionisti del pallone “Made in Friuli” non c’era soltanto una strada spianata alla portata di ogni atleta che vi poteva facilmente imperversare, bensì una scalata che solo un plotone compatto ed affiatato capace trainarsi in autonomia risolvendo tali difficoltà poteva affrontare di buona lena. E dunque sono subentrate difficoltà complesse che hanno mixato la scarsa preparazione fisica delle zebrette al mancato consolidamento di gruppo e pure all’inesperienza di un complessivo che non risulta essere poi così stagionato ed esperto. Il messaggio che si può tranquillamente lanciare è proprio questo: fino a che il gruppo bianconero ha potuto procedere sorretto unicamente dal proprio entusiasmo, forse anche cieco, le cose sono andate splendidamente bene per l’Udinese, ma quando si è trattato di ragionare intorno ad una situazione di improvviso svantaggio come quella maturata dopo la realizzazione del primo rigore concesso alla Roma davanti agli occhi dei bianconeri s’è presentata giust’appunto una montagna fin quasi impossibile da scalare. Impraticabile perché in un gruppo pur sorretto da mille entusiasmi in partenza come quello bianconero sono mancate le gambe (ed è fin quasi scontato che quando siamo soltanto a settembre le cose vadano così) ma soprattutto è mancata la testa. Perché non è possibile che una squadra vada in stallo totale dal punto di vista agonistico alla prima difficoltà. Ed il fatto di avere avuto proprio riscontri di questo tipo sta a significare che la squadra non si conosce abbastanza, e che di riflesso non ha maturato strategie di problem solving ed una forza di gruppo tale da farle superare anche le arene, i momenti di difficoltà più o meno profonda, che mano mano si sarebbero potute presentare innanzi alla truppa bianconera. E alla fine è andata proprio così. Il primo calcio di rigore concesso dal buon arbitro di bello ha avuto la consistenza di quello che parlando con il gergo della boxe si chiamerebbe un diretto a piena figura, in grado di frastornare la squadra bianconera davvero in maniera evidentissima; nel profondo si potrebbe dire. Per non parlare del secondo che ha letteralmente fatto perdere la ciribiricoccola alla squadra bianconera, non più in grado di opporre alla Roma una reazione sufficiente e degna di questo nome. Si può parlare tranquillamente quindi di una Udinese che ora ha bisogno soltanto di condurre in porto un periodo di training concentrato in grado di farle maturare una profonda conoscenza reciproca tra i vari elementi del gruppo ed un grado di fiducia nei propri mezzi capace di farle superare ogni ostacolo con la forza del gruppo e quindi della compattezza. Ed in quest’ottica crediamo di non dover dubitare minimamente sulle qualità di psicologo e motivatore in possesso di Mister Iachini, anche se ora è proprio il momento di rilanciare una nostra proposizione del recente passato. Come sarebbe funzionale alle esigenze dell’Udinese che in seno al gruppo potesse mettersi ad operare un applicato, un esperto conoscitore della materia psicologica applicata allo sport in grado di maturare le consapevolezze della squadra giusto intorno ai propri punti di forza, con in aggiunta una adeguata conoscenza da maturare intorno ai propri punti critici: conoscere i propri problemi aiuta a procedere al meglio, e questo possiamo darlo per assodato. Si tratterebbe dunque di inserire nell’organigramma della squadra un cosiddetto ottimizzatore, una figura propriamente capace di rendere breve il tempo che ci separa dal vedere una Udinese priva di trappoloni a traenza psicologica ed in generale prettamente morale. L’Udinese deve imparare a conoscere sé stessa, e a quel punto crediamo che il numero dei correttivi necessariamente da apportare si semplificherebbe drasticamente. A quel punto la strada innanzi ad una Udinese desiderosa di farci e di fare conoscere semplicemente la sua verve di squadra giovane, fresca e di prospettiva sarebbe chiaramente spianata. Ora sta agli uomini della scuderia targata Famiglia Pozzo prendere una decisione nel merito della possibilità di offrire possibilità di sviluppo in più a questa squadra che alla luce delle sue più che discrete potenzialità teoriche ha solo bisogno, specialmente in questa fase… di qualche buona pacca sulla spalla.
Articolo di
Valentino Deotti
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