Quest’ultima edizione della nostra rubrica “Punto Bianconero”, che da questo “numero” sarà redatta in formato “compendio”, non può che partire da un interrogativo che più o meno gira intorno a questo tema. Su quali basi è maturato il pur cospicuo pareggio di Genova contro la squadra della Lanterna ? Ebbene, non escluso il fatto che sia necessario mettere in conto il fattore “avversario di tutto rispetto, con il Genoa che in casa risulta pressoché insuperabile soprattutto per la sua tenacia e mordacità, vi è anche da mettere in conto in fattore tutto d’area psicologica che coinvolge da qualche tempo a questa parte la squadra bianconera, con le sue varie gestioni tecniche avvicendatesi che hanno avuto a che fare probabilmente sempre con un problema come quello che andiamo a descrivere. Ebbene, l’Udinese di questa stagione si è sempre fatta attanagliare da una notevole aggravio in termini di influssi “emotivi”, e crediamo che per comprendere la ragion per cui molti punti si sono persi sinora, in ultimo a Genova ma anche in un’altra decina di altre occasioni, dopo essere passati in vantaggio in partita… sia proprio questa. E’ capitato in tutto in 11 partite infatti che l’Udinese si sia fatta raggiungere o addirittura superare in corso d’opera dall’avversario di turno, e con ogni probabilità questa scarsa capacità di conservare le situazioni di vantaggio trova ragion d’essere in fattori prettamente emozionali. Questa squadra, in buona sostanza è con ogni probabilità troppo giovane per non scomporsi dopo essere passata avanti nel risultato, e a questo punto sta alle maestranze condotte da Mister Delneri rendere più razionale e se vogliamo anche fredda la squadra bianconera che deve raccogliere il più possibile, quantomeno da qui alla fine del girone d’andata e quindi sino alla prima resa dei conti stagionale. E’ proprio a questo punto della stagione che ci vuole un intervento da parte di chi all’interno dello staff bianconera possieda il più eminente bagaglio in termini di competenze psicologiche e psicoterapeutiche, perché questa squadra ha bisogno di capire che quando si è in una situazione di vantaggio è proprio quello il momento in cui bisogna attuare vere e proprie strategie idonee al conseguimento dell’obiettivo principale, ossia quello di mantenere o se possibile rafforzare la propria situazione di vantaggio concreto. E per una quadra di calcio come quella predisposta e condotta dal nostro “Mister con i baffi” giocare a mantenere una situazione di vantaggio dovrebbe essere un affare molto meno proibitivo di quello che può essere nel caso di altre squadre, perché dal momento in cui hai buoni uomini in difesa ti basta dare una tirata ai cordoni della borsa, per non adìre ad altri concetti molto più attinenti alla figura umana e il gioco dovrebbe essere fatto. Poiché, esattamente dopo avere stretto i ranghi compattando la squadra in atteggiamento difensivo non ti resta che fare il resto della tua partita giocando di rimessa. In buona sostanza trattasi dell’applicazione del caro vecchio catenaccio, che nel caso di squadre complete più o meno reparto come l’Udinese di solito fa ottenere i risultati migliori. Anche con il beneficio di un buon gioco, perché nelle altre partite precedenti nelle quali l’Udinese ha attenuto solo risultati utili per quanto riguarda la stessa gestione Delneri, è stato più che altro in fase di applicazione del contropiede che si sono vissuti i quarti d’ora migliori, per così dire. E non è che l’Udinese debba sempre giocare con il catenaccio, ma questo non è certo il periodo buono per tattiche maggiormente “sbottonate”. Quindi, dal momento in cui ci portiamo avanti con il risultato, sposiamo pure una tattica più abbottonata perché questo fattore potrebbe diventare proprio il nostro punto di forza. La forza nella compattezza, questo messaggio ormai l’abbiamo capito, e quindi perché essere scandalizzati dall’adottare l’unico sistema che fornisce maggiori garanzie rispetto alla monetizzazione del risultato acquisito. Dal momento che abbiamo gli uomini per farlo facciamolo pure, ed eviteremo così di esporci al rischio di precluderci delle possibilità in termini di incameramento di risultati utili e sonanti. Poi, una volta acquisita quella solidità che dovrebbe essere conseguenza diretta della padronanza di una tattica più guardinga allora si che l’albero tattico in adozione all’Udinese potrà allargare le proprie radici ed i propri orizzonti. Ma prima, allorquando si è ancora in fase sperimentale, bisogna giocoforza stare coperti, per darci il tempo di sperimentare senza correre troppi rischi. Una volta presa la confidenza con ogni braccio del proprio albero a quel punto si che si potranno adottare impianti tattici più audaci: più avvolgenti e protesi allo sfruttamento delle potenzialità offensive bianconere. Ma ora, in fase di “apprendimento” meglio non propendere per squadre in buona sostanza per squadre e soluzioni troppo arrembanti e quindi esposte a rischi maggiori. Ora però il comandamento principale e la direzione da prendere è quella che deve portare a governare i propri istinti. Perché una squadra così giovane è facile che si faccia prendere la mano dagli entusiasmi pregiudicando magari una posizione di vantaggio acquisita. Prima impariamo a difenderci, perché nel caso di questa nostra Udinese giovane e a volte avventata negli approcci ed atteggiamenti, non è sempre vero che l’attacco è la miglior difesa. Anzi, ora bisogna adottare una tattica sola: quella accorta della formichina. Per altri sperimentalismi verrà il tempo, ma solo quando questa acerba Udinese dei giovani andrà ad essere maturata e capace di governare con sufficiente padronanza i propri istinti.
Articolo editoriale di
Valentino Deotti
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