Ma all’inizio, 8-2 Udine e gran gestione, pareva la serata giusta. Il figlio del Bronx che segnava senza problemi, la difesa che reggeva bene anche in assenza di Diop, rimasto a Udine a curarsi una caviglia appena stortata. Chieti, poi, cercava con pervicacia il tiro da fuori, spadellando alla grande. Quattro, cinque minuti al massimo.
Finita lì.
Sì: perché in assenza di Cade Davis, e con un Turel non ancor inserito nei meccanismi di squadra, la Proger inizia a trovare canestri su canestri: da fuori, da sotto, su seconde e terze palle; Allegretti e Mortellaro sotto le plance; dall’arco Trae Golden e soprattutto un livornese proveniente da Piombino, il ventisettenne Mattia Venucci che fino a oggi tirava col 32% da tre punti e totalizzava 5.7 punti di media a gara, ma stasera si scopre baciato dalla dea della pallalcesto.
E Udine, difendendo con sempre meno intensità e attaccando anche peggio, si fa scivolare via i domestici che, a fine primo quarto, sono avanti di sei.
È il secondo periodo quello che segna la gara: Venucci segna, Ray a malapena entra ma una botta sull’anca sbilenca non gli permette di performare, quindi cerca di riscaldarsi a bordocampo, invano. Ferrari tiene a galla la barca come può, Traini non è il Sonnyboy di domenica passata e Golden trova la quadratura in regia ed al tiro: si va all’intervallo sotto di 17, quando nel secondo quarto si subiscono diciannove punti e se ne realizzano solo otto.
La ripresa accorcia le distanze e vede un buon esordio di Aka Fall, che si dimostra (come ci aspettavamo) uomo aggressivo e positivo, ancorché ancora un po’ confusionario in attacco.
Poco altro da aggiungere: la buona nuova dei “soli” undici punti di disavanzo, che guadagnano alla GSA il vantaggio nel caso malaugurato di un arrivo a pari lunghezze; l’esizialità di Venucci, che segna un paio di triple come, credo, non gli ricapiterà mai in carriera; una direzione arbitrale devastante, tre signori che non ci hanno capito nulla sin dall’inizio e hanno elargito a casaccio falli tecnici, antisportivi e giudicato contatti e situazioni come tre dilettanti allo sbaraglio.
Ma una Proger che gioca con tale intensità, esattamente come Udine domenica passata contro Roseto, ha meritata la vittoria, senza se né ma: onore anche per i tre del Settore D al seguito, che si sono guadagnati applausi ed il coro “Udine! Udine!” da parte dell’opposta fazione per lo striscione sollevato ad incoraggiamento delle genti locali, duramente provate dal terremoto.
Era la prova della verità, e Udine l’ha fallita. Sì, è mancato Allan Ray e l’infermeria che si stava svuotando si è all’improvviso di nuovo riempita, ma la GSA aveva il dovere di fare qualcosa in più. È vero, Chieti ha sporcato le linee di passaggio, il marchio di fabbrica di casa Lardo; ma tirare da tre con medie da prefisso telefonico fa ricordare quel periodo di rottura prolungata nel quale coach Lino pareva non trovare il bandolo della matassa.
Chieti come episodio? Pronta la controprova, nelle fattezze di Umeh, Lawson e compagnia, domenica prossima a Casalecchio di Reno contro la Virtus di coach Ramagli. All’andata vinsero i bolognesi con un ultimo quarto da 17-31, dopo tre periodi in discreto equilibrio; a Bologna i bianchineri di Pedone e Micalich possono scendere sul parquet senza assilli, dato che sulla zona playout il vantaggio è ancora di sei lunghezze. Servirà però qualcosa di più di stasera per vendere, quantomeno, cara la pelle.
Peccato: onestamente mi ero illuso che la striscia di tre vittorie, contro una Recanati rinata e in casa contro le tignose Forlì e Roseto, avessero “svoltato” l’annata della GSA. Invece no, c’è ancora da remare. Tutto è sotto controllo, ovviamente, tranne l’incredibile situazione-infortuni che pare perseguitare la truppa di Lardo da almeno tre mesi.
Passerà. Si riprenderanno, gli indisponibili, e allora probabilmente si vedrà una A.P.U. più competitiva. Spiace infine leggere il tono di alcuni commenti informatici, tesi a crocifiggere gli sconfitti senza mai tenere conto delle qualità di chi si è imposto: evidentemente troppa NBA fa male. Ma, come dico sempre, la ragione è in ogni caso il tanto amore verso questi colori: canalizzatelo in maniera positiva, farà bene a tutti.