Dobbiamo essere obiettivi: la Lazio, immensamente più forte dell’Udinese, ha rubacchiato due punti grazie a una decisione improvvida del consesso di cervelli arbitrali inviato all’Olimpico. Ho guardato e riguardato l’azione incriminata sessanta volte, e ancora non riesco a capire come si possa fischiare un rigore così.
O meglio, sì che lo capisco: così come a Roma e Lazio si danno 20 rigori quando Milan, Inter e Juventus assieme ne totalizzano dieci; così come un campionato spaccato in tre non può essere disturbato da manovratori di “periferia”; per cui qualora la Lazio non avesse vinto avrebbe compromesso la propria posizione rispetto alla bella e rampante Atalanta del Gasp; per cui se non tirano in porta gli attaccanti aquilotti, ci pensa Saia. È sempre stato così: con Zico settimana scorsa è stato rispolverato il vecchio Pirandola, che non vide una maradoniana mano fasciata realizzare il 2-2 che costò 5 giornate al Galinho per le dichiarazioni post-gara. Altro giro, altro regalo.
È questo il primo piano: la classe arbitrale italiana è scarsa, scarsissima. Quelli bravi continuano a dire che i direttori di gara italici sono i migliori al mondo: vorrei far loro notare che Agnolin, Casarin, Barbaresco, Menegali e LoBello padre non ci sono più, sui campi (e in qualche caso a questo mondo). continuare a dirlo significa cadere nello stereòtipo, tipo le mezze stagioni o i ristoranti per camionisti dove si mangia sempre bene.
La generazione arbitrale attuale commette tanti di quegli errori da provocare rabbia e tenerezza: no, non credo alla malafede ma alla sudditanza sì. Ed è per questo che la mancata espulsione di DePaul ha creato un rumore tale che Montella ancora ci campa. L’ex Aeroplanino sa di avere a disposizione una squadra tecnicamente povera, per cui mediaticamente usa a proprio vantaggio trucchetti neanche Jedi come questo, che rimanda a torti arbitrali subìti. Arriva Calvarese, Bacca calcia la palla dal dischetto con due piedi e nel consesso arbitrale sassolese nessuno si accorge di nulla. Tipico. Come il piccolo Pairetto, che pare arbitrare in massima serie più per un cognome pesante che per doti personali (scarsissime), a cominciare dalla gestione dei falli e dei cartellini: cerchiamo di non deludere Olimpia.
C’è un altro piano, quello squisitamente tattico. Gigi l’Aquileiense sa cos’ha a disposizione, e qualora si fosse presentato spavaldo all’Olimpico avrebbe aperto a Felipetto e soci le cataratte del contropiede. Per cui doppia cerniera sulle fasce, Badu e Kums sacrificati in copertura, col risultato quantomeno inatteso di un pomeriggio di tutto riposo per l’Oreste ellenico. La gara sarebbe scivolata agile sulla parità finale, senza la curiosa parentesi arbitrale: parità, perché di segnare quest’Udinese pare non avere le capacità. Gigi ha messo benissimo la formazione in campo, oggi non gli si può imputare nulla: anche se continuo a leggere commenti che vorrebbero il suo esonero. Io no, ma faccio un “mestiere” diverso e non ho bisogno di realizzarmi chiedendo la testa del trainer. Per prendere chi, poi? Fatela finita. Sì: per me Delneri è, e resterà, intoccabile. Così come Nereo Bonato.
Delneri spergiura, nel post-gara, sull’impegno dei suoi: ero, sono d’accordo con lui. E’ la materia prima, quella tecnica, a difettare nei metallici piedi friulani. Questa squadra è totalmente dipendente dal Cirillo di Privas: da sei settimane sta male e tutto il fronte offensivo ne risente, se Zapàta si scatena nelle amichevoli ma la domenica spara a salve. L’Udinese è squadra sterile da almeno due anni: da quando l’amuleto che risolveva tutti i problemi ha iniziato il giro di campo per il proprio addio al calcio giocato. Per il prossimo anno è stato acquistato Kevin Lasagna, il quale secondo me potrà surrogare le ubbie spesso incomprensibili di Théréau. Servirà anche una punta di peso, se Duvàn se ne tornerà al Napoli: pensare a Perica titolare, allo stato attuale delle cose, non mi pare molto saggio. E Delneri questo lo sa.
Delneri, ultimo dei tre piani da analizzare: oggi le sue parole, piene di rabbia e perfettamente comprensibili a tutti, sapevano di condottiero che si schiera a difesa della propria squadra. Lo voglio così: ma deve al contempo capire che chi, certe volte, forse esagera con le osservazioni critiche lo fa, lo diciamo sempre, per troppo amore verso quei colori che talvolta paiono maltrattati dai giocatori in campo. Non dubito del loro impegno, anche se domenica scorsa avrebbero dovuto dare il 120% data la situazione attorno a loro e non l’hanno fatto; dubito però delle loro qualità tecniche e tattiche. E oggi perfino il furibondo Gigi lo ha ammesso.
Dice Delneri che il piazzamento in questa stagione conta nulla: stanno pianificando la prossima. Allora ci faccia finalmente vedere qualcosa di diverso! Sappiamo che dei quindici, sedici titolari di oggi neanche metà rimarrà a Udine: lo faranno di certo il manipolo di ragazzini che spingono ma non vediamo mai se non nelle amichevoli del giovedì. Schierali, Gigi! In gare come quelle di Pescara, di Crotone o col Cagliari in casa mettici Ewandro al centro dell’attacco: è leggerino, sì, ma i piedi paiono educati. Pensi non ne valga la pena?
E l’anno prossimo restino quelli motivati: quelli che sposano il progetto, vero, di Bonato e Delneri; non quelli che sono qui perché il loro procuratore non ha trovato destinazione alternativa ove far brillare le loro doti, che sentono forse sprecate a Udine.
Tanto l’anno prossimo sarà come questo: saliranno squadre come Frosinone, o Avellino; Verona, o Spal o Carpi. Sarà l’ennesima stagione con la classifica spaccata in tre. A proposito: vedere in quarta piazza la cantera atalantina dovrebbe far riflettere il mercantilismo eccessivo delle nostre latitudini. Lassù, solo l’altroieri, c’eravamo noi: quando in giro per il mondo si era esclusivisti dello scouting d’autore, salvo puntualmente vendere mezza squadra e scendere ad Highbury con Neuton ed Ekstrand. Ma ci divertivamo: oggi, cari proprietari e caro Gigi, no. E allora accettate qualche nostra parola anche di troppo: e giocate al calcio.