I giovani della mia generazione, quelli nati negli Anni Ottanta e Novanta, lamentano spesso la mancanza di centri d’aggregazione, di luoghi nei quali ritrovare e ritrovarsi, di spazi per condividere momenti, idee ed esperienze; ciascuno vorrebbe un ambiente su misura, che lo facesse sentire a proprio agio e gli desse la possibilità di esprimersi al meglio. Purtroppo non sempre le Amministrazioni comunali sono sensibili a questo genere di richieste, molte volte sono i privati che decidono di farsene carico, magari per rispondere a una loro stessa esigenza, per dare forma a un loro sogno.
Proprio da un sogno ha preso vita “L’altro spazio”, un cultural bar che dal 29 ottobre 2015 vivacizza l’atmosfera bolognese offrendo a tutti coloro che vogliono coglierla, la possibilità di vivere una colazione, una pausa pranzo, un aperitivo o una cena diversi dal solito, nei quali non si gustano solo cibi e bevande, ma anche momenti culturali di integrazione e condivisione.
Il sogno era quello di Nunzia Vannuccini, originaria di Torre del Greco (NA) ma trasferitasi a Bologna dal 2001, che da sempre accarezzava l’idea di creare un’isola felice nella quale tutte le persone potessero convivere senza limiti e senza barriere, né fisiche né mentali. Per realizzare il suo progetto Nunzia ha potuto contare sin dall’inizio sulla collaborazione di Santa, sua gemella, che dopo una laurea in lingue e qualche tentativo di avvicinarsi all’insegnamento, ha scelto di seguirla in quest’avventura.
Fondamentale anche il contributo di Jascha Blume, un artista e regista olandese non udente che ha incrociato la strada di Nunzia a Roma al CineDeaf Festival del 2015, in occasione della presentazione del lungometraggio “I sign, I live”, da lui girato tre anni prima insieme ad Anja Hiddinga e premiato tra l’altro al Seattle Deaf Film Festival del 2014. Dopo la proiezione, Nunzia ha raccontato a Jascha la sua idea di “altro spazio” e lui ne è stato subito entusiasta, al punto da trasferirsi a Bologna per diventare co-fondatore e socio attivo del locale. Così, il talento e la creatività di questo giovane che ha bisogno di “vedere i suoni” sono approdati in via Nazario Sauro e ogni tre mesi vengono declinati in modo diverso, con la programmazione di eventi e menù a tema che permettono ai clienti di respirare un’atmosfera sempre nuova, appunto di trovarsi ogni volta in un altro spazio.
“L’Altro Spazio” sono 300 m2 che si articolano su due piani: al pianterreno c’è il risto-bar, completamente accessibile, con le mappe tattili, i menù scritti anche in Braille, le “cene al buio” organizzate mensilmente, il personale preparato a comunicare in lingua dei segni italiana (LIS), un bancone alto solo 80 cm (che permette a Manuela, barista in sedia a rotelle, di spillare birre e preparare drink con facilità) e tanto spazio libero per agevolare il passaggio tra i tavoli; il primo piano ospita invece la sede dell’associazione culturale “Farm”, nata nel 2008 per portare alla luce realtà indipendenti e presieduta proprio da Nunzia Vannuccini. L’idea è quella di sfruttare gli ampi spazi aperti e le varie stanze disponibili su questo piano per creare un laboratorio accessibile a chiunque, nel quale possano prendere forma progetti di inclusione sempre nuovi; uno di questi, curato da Santa (la gemella di Nunzia), risponde al nome di “Ben Fatto – L’Altra Scuola” e consiste in un percorso di formazione e comunicazione alla portata di tutti, finalizzato all’incontro tra mondi diversi: al suo interno c’è, ad esempio, la possibilità di frequentare il doposcuola, di imparare le lingue straniere, di familiarizzare con la lingua dei segni o con il metodo Braille.
Essendo nato per soddisfare le esigenze di quante più persone possibile, “L’Altro Spazio” racchiude in sé molte altre attività, tra le quali corsi di yoga, pilates, musica e teatro per bambini, incontri per la lettura di componimenti poetici e testi classici, concerti e performance dal vivo; insomma, si tratta di un locale dove ciascuno può trovare la propria dimensione e assecondare liberamente le proprie passioni e inclinazioni.
A poco più di un anno dall’apertura, Nunzia, Santa e Jascha si ritengono molto soddisfatti del successo ottenuto dal loro progetto, ma non si fermano: in un prossimo futuro contano di riuscire ad esportare la stessa formula anche all’estero, dove senz’altro c’è meno burocrazia, quindi l’impresa dovrebbe essere un po’ più facile. È superfluo dire che noi di NordestNews siamo con loro e incrociamo le dita perché anche questo sogno diventi realtà, però c’è un però: se i cultural bar come “L’Altro Spazio” prenderanno piede in tutta Europa, o addirittura in tutto il mondo, questo nome non avrà più senso e dovrà per forza essere cambiato; chissà se i tre giovani imprenditori hanno già la soluzione in tasca oppure lanceranno il Totonome… Staremo a vedere!