Con 23 voti favorevoli, un astensione e un voto contrario, il consiglio provinciale di Udine nella seduta odierna chiede il ripristino dei voucher apportando a questo strumento le necessarie modifiche. “Un istituto che non si deve abrogare tout court – ha affermato illustrando il documento il consigliere Mauro Bordin (Ln) – poiché era nato per prevenire gli abusi e sostenere l’occupazione”. “Una decisione, l’eliminazione dei voucher, che alimenta il sommerso, danneggia imprenditori e lavoratori” gli ha fatto eco Nino Bruno (Udc). Sulla stessa lunghezza d’onda, Daniela Corso, capogruppo Pd. “I voucher vanno rivisti e non tolti, sono state messe in difficoltà molte categorie economiche e anche i comuni che utilizzavano questo strumento”. Con il documento, il Consiglio provinciale di Udine in particolare richiede di non abrogare i voucher ma di apportarne le necessarie modifiche integrative in assenza di una disciplina più compiuta e armonica con l’ordinamento giuridico attuale, risolvendo la questione della corretta qualificazione del rapporto di lavoro con la conseguente disciplina applicabile e le connesse tutele, ma nell’ambito di un aperto e franco dibattito parlamentare e solo nel caso queste non fossero ritenute sufficienti dalla Corte di Cassazione, al fine di evitare il referendum, di lasciare agli italiani, la possibilità di esprimersi nel prossimo consultazione già prevista per il 28 maggio 2017. “Il voucher ha portato a una emersione del lavoro nero, con la sua eliminazione – si ricorda nel documento – i lavori saltuari verrebbero retribuiti in modo irregolare, situazione non vantaggiosa per lavoratori, committenti e fisco, ci guadagnerebbe solo la concorrenza sleale”.
Nella seduta odierna del Consiglio che il presidente Fabrizio Pitton ha aperto con la commemorazione dell’ex consigliere e assessore Glauco Moro, è stato approvato il bilancio di previsione 2017 che pareggia a 53,6 milioni di euro di cui 29 milioni di effettivi costi. Il presidente Fontanini ha ricordato l’impegno dell’Ente sul fronte dell’edilizia scolastica, voce alla quale nel documento contabile sono stati assegnati 4 milioni 808 mila euro. “In questo budget non sono compresi gli stipendi del personale afferente al servizio edilizia scolastica che dal primo aprile passerà all’Uti del Friuli Centrale – ha precisato Fontanini – anche se, nella delibera della Giunta regionale approvata venerdì scorso, c’è un diktat che riguarda proprio il pagamento dei dipendenti. Viene imposto alla Provincia di Udine di provvedere alle retribuzioni, con successivo ristoro, anche oltre il 1 aprile mentre la lr 26/2014 imputava tutto all’Uti subentrante. Palazzo Belgrado non ha le risorse nel proprio bilancio, l’Uti Friuli centrale non approverà il documento fino a metà maggio e, quindi, la questione rimane aperta”. E’ pendente al Tar Fvg, inoltre, il ricorso della Provincia di Udine contro la nomina effettuata dalla Giunta regionale del commissario ad acta che ha redatto il piano di subentro in materia di edilizia scolastica. La sentenza è attesa per il 7 giugno. “Era preferibile, anziché generare tutte queste problematiche, posticipare il passaggio della competenza delle scuole alla fine dell’anno scolastico come richiesto sia da diversi Comuni sedi di scuole superiori sia dal Consiglio provinciale” ha chiosato il capogruppo di Forza Italia, Renato Carlantoni rimarcando le varie criticità della legge 26/2014 sulla quale anche oggi si è soffermato il dibattito del consiglio provinciale. L’assemblea, infatti, ha esaminato la legge regionale 23/2015 (“Norme regionali in materia di beni culturali) per la parte che richiama il regolamento del sistema delle biblioteche, regolamento che supera la legge 25/2006 e impone profonde modifiche allo scenario delle varie reti che avevano prodotto eccellenti risultati e un buon gradimento da parte dell’utenza. La norma, a esempio, introduce l’obbligo di costituire sistemi bibliotecari solo se omogenei al territorio delle Uti; non è prevista, inoltre, la possibilità per i singoli Comuni appartenenti al territorio di un’Unione di convenzionarsi con più di un sistema di Uti diverse ma solo l’aggregazione omogenea tra interi territori di Uti. “Anche questa legge – ha commentato Pietro Dri (Fi) – serve a giustificare le Uti”. “La delimitazione territoriale prevista – si è soffermato il consigliere Alberto Guerra che ha illustrato il documento – è una forte limitazione alla libertà di aggregazione delle molteplici realtà bibliotecarie del territorio provinciale e regionale, nonché lesiva del diritto di autodeterminarsi delle stesse sulla base della migliore utilità per la propria popolazione”. Per queste motivazioni, il consiglio provinciale si è espresso a favore di una sospensione dell’iter attuativo della legge 23 per avviare una fase di consultazioni sul territorio con i referenti dei sistemi bibliotecari con cui definire soluzioni che consentano di proseguire il positivo lavoro delle reti bibliotecarie avviato con le legge del 2006.
L’assemblea di palazzo Belgrado ha quindi respinto un ordine del giorno sottoscritto da Federico Simeoni (Patrie Furlane) e Fabrizio Dorbolò (Sel) in cui si chiedeva una moratoria per la salvaguardia dei piccoli bacini imbriferi montani sollevando il caso dell’impianto di derivazione idrica che sarà costruito sul torrente Alberone a Savogna.