Settembre è un po’ per tutti il mese del rientro, del ritorno alla quotidianità; finite le vacanze, le città si riempiono di nuovo e con esse anche i frigoriferi di coloro che le popolano. Sicuramente, aggirandovi tra gli scaffali del supermercato per fare incetta di vettovaglie, sarà capitato anche a voi di imbattervi nella più classica delle offerte, il “due per uno,” ovvero “prendi due, paghi uno”.
Ebbene, circa una ventina d’anni fa la vita, il destino o chi per lui, ha voluto proporre (anzi, per meglio dire, imporre) a Francesco Mercurio un “due per uno” molto meno conveniente, che potrebbe essere spiegato con lo slogan “perdi due, trovi uno”. Questo ragazzo, nato a Villa Literno (CE) nel 1982, quand’è venuto al mondo non ha visto la luce, era già cieco; come se ciò non fosse stato abbastanza, dall’età di dieci anni il silenzio si faceva ogni giorno più assordante e in breve Francesco capì di aver perso ben due dei suoi cinque sensi, la vista e l’udito.
Acquisire questa consapevolezza in piena fase adolescenziale, per giunta lontano dalla famiglia (in quel periodo era ospite di un istituto per ciechi a Napoli), fu sicuramente un duro colpo per lui, sebbene da buon campano non mancasse mai di scherzare sulla sua nuova pesante condizione di doppiamente minorato; in realtà, il fatto di essere diventato sordocieco, lo faceva sentire solo e diverso da tutti gli altri ragazzi presenti in istituto.
Finché un bel giorno del 1997 arriva la svolta, un amico gli trasmette con semplicità e ironia un’informazione che cambierà la sua vita per sempre: “Francè, sai ‘na cosa? Abbascio ce sta uno ca s’occupa d’e surde e d’e cecate comme a te” (Francesco, giù c’è un signore che si occupa dei sordi e ciechi come te”). Il signore in questione è Leopoldo Cozzolino, operatore della Lega del Filo d’Oro di Napoli, che nel frattempo ha aperto una sede territoriale proprio in un’aula dell’istituto; l’incontro con Leopoldo permette a Francesco di scoprire un nuovo mondo, costituito da persone con le sue stesse problematiche ed esigenze, ma anche da operatori competenti e sensibili che lo fanno subito sentire “a casa” e gli insegnano strategie di comunicazione alternative, quali ad esempio il metodo Malossi (che utilizza la mano come fosse una macchina da scrivere, facendo corrispondere a ogni parte di essa una lettera dell’alfabeto).
Grazie al sostegno di questa grande famiglia e di quella d’origine, che definisce meravigliosa, Francesco riesce a trovare gli strumenti e le energie necessarie per proseguire gli studi e dare un senso alla propria vita; dopo il diploma magistrale, decide di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli, salvo poi dover fare i conti con un servizio di assistenza insufficiente e con i costi troppo elevati per la trascrizione dei libri in Braille. La situazione contingente e il desiderio di un’esperienza diversa lo inducono quindi a trasferirsi a Urbino, dove approda nel 2004; è proprio questa la città che tre anni più tardi farà da cornice alla sua laurea in giurisprudenza, come pure al diploma successivamente rilasciatogli dalla Scuola di specializzazione per le professioni legali (cioè dalla cosiddetta “scuola forense”), sempre a Urbino si trova poi lo studio legale dove Francesco svolge il praticantato.
L’esperienza di praticante in uno studio legale gli fa capire quanto sia difficile esercitare la professione avendo i suoi deficit sensoriali: operare in un ambiente rumoroso e affollato come l’aula di un tribunale sarebbe per lui molto difficile e renderebbe necessaria un’assistenza continuativa; per questa ragione, nel 2009, decide di trasferirsi a Osimo (AN) e accettare la proposta lavorativa della Lega del Filo d’Oro, che cerca una figura professionale in grado di sviscerare con competenza le tematiche legali riguardanti il mondo della disabilità. Questa scelta gli permette di contribuire attivamente al buon funzionamento dell’associazione, restituendo almeno in parte il bene ricevuto, ma anche di godere di una certa indipendenza economica, il che non guasta per un ragazzo della sua età.
Proprio questa indipendenza economica gli dà la possibilità di vivere da solo in un appartamento, seppur con il supporto quotidiano di un’assistente; così Francesco è libero di “assaporare” anche il mondo esterno, quello “oltre” la Lega. Certo, questa libertà non è mai totale, a pensarci bene qualunque sordocieco può esprimere completamente se stesso solo nell’ambiente protetto della Lega, nelle sue diverse sedi territoriali presenti in Italia, tutte create su misura per le sue esigenze; al di fuori di quest’isola felice vi sono troppe barriere, che rendono estremamente difficile la socializzazione e l’integrazione di un duplice minorato sensoriale.
Eppure Francesco non ha alcuna intenzione di rimanere chiuso nel suo guscio: ogni giorno esce di casa e combatte per essere parte attiva della società civile, per cercare di migliorarla, ma soprattutto di migliorarsi e di costruirsi un futuro. Un futuro che ancora non riesce a immaginare con chiarezza, fatto di tante idee e progetti attraverso i quali poter essere utile a se stesso e agli altri; un futuro che forse potrebbe vederlo nel ruolo di capofamiglia e che sicuramente lo vedrà ancora impegnato a tifare per il Napoli, la sua squadra del cuore. Dice giustamente Francesco: “Il futuro si costruisce giorno per giorno, lavorando nel presente; immaginandolo, ma senza esserne schiavi. Senza che la speranza e il desiderio di un futuro migliore si trasformi da legittima aspirazione in ossessione distruttiva, impedendoci di goderci pienamente quanto di buono il presente ci offre”. E forse, ciò di cui oggi Francesco gode maggiormente è proprio il fatto di essere riuscito a trarre il massimo vantaggio possibile da quel “due per uno” bizzarro e sconveniente che il destino gli aveva così sfacciatamente offerto: con l’aiuto della Lega, è finalmente in grado di dare un senso a una vita che gliene ha tolti due.