Premiato agli Oscar per le interpretazioni di Frances McDormand e Sam Rockwell, “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è un film che ha lasciato il segno.
L’intera storia si incentra su un terribile caso di omicidio irrisolto avvenuto a Ebbing, in Missouri. La vittima è una giovane donna che una notte è stata violentata e uccisa in una strada poco trafficata alle porte della città. Proprio questa strada, che percorrono principalmente i cittadini, è il simbolo del film. Qui infatti la madre della ragazza decide, dopo mesi di silenzio da parte della polizia, di affittare tre cartelloni pubblicitari facendoci scrivere tre frasi: “Stuprata mentre stava morendo”, “E ancora nessun arresto?”, “Come mai, sceriffo Willoughby?”
Il caso solleva ovviamente critiche e indignazione, ma è anche un gesto disperato che riporta l’attenzione su un fatto apparentemente dimenticato. La pellicola ruota poi intorno alle ricerche e alle vite delle persone coinvolte, passando da quello che si apre come un thriller a un vero e proprio film drammatico. L’atmosfera in bilico fra sofferenza e cinismo è incredibilmente realistica e le interpretazioni sono formidabili, trasmettono tutta la pesantezza della situazione.
Mildred Hayes è una madre che vuole solo scoprire la verità sulla morte della figlia, è una donna che sembra insensibile al dolore degli altri perchè il suo in qualche modo fa più male. Ma dipende sempre da che punto vediamo le cose, se il fulcro si sposta sullo sceriffo malato di cancro la storia cambia, se ci mettiamo nei panni dell’agente Dixon cambia ancora.
Ed è incredibile come questo film riesca a far vedere ogni più piccola sfumatura di tutti questi dolori, senza dare un giudizio, senza misurarli. Anche perchè in fondo “per tutti il dolore degli altri è dolore a metà” (Fabrizio De Andrè, Disamistade).