10 agosto, notte di San Lorenzo, notte di stelle cadenti. Da quando ho ricordi ogni anno sono sempre andata alla sagra di San Lorenzo. È sempre stato un appuntamento imperdibile, sono cresciuta con la sagra di San Lorenzo e fino allo scorso anno ci andavo ancora con mia figlia adolescente.
Ho sempre amato i piccoli “riti” di quella festa: i giri in giostra a catene con il papà che mi lanciava in alto per prendere la bandierina, gli autoscontri dove noi ragazzine ci andavamo nella speranza di essere urtate dai ragazzi, la balera sotto un tendone con un’orchestrina che suonava il liscio tutta la sera, e poi la pesca di beneficenza dove si acquistavano biglietti nella speranza di vincere la bicicletta nuova o il tavolo da giardino… E poi il gran finale: a mezzanotte in punto ecco partire il primo botto di richiamo; allora l’orchestrina taceva, i ballerini si fermavano, le giostre chiudevano le loro luci e tutti correvano davanti alla chiesa per assistere all’ atteso spettacolo dei fuochi d’artificio. Mezz’ora di scoppi e di giochi di luce con tutta la gente con il naso all’insù a fare “ooohhh” ad ogni cascata luminosa.
Poi i giochi pirotecnici finivano, le giostre riaccendevano le luci, l ‘orchestrina riprendeva a suonare e le coppie di ballerini ricominciavano a volteggiare sotto il telone della balera e la festa continuava, fino a notte fonda mentre noi bambini tornavamo a casa assonnati ma con le braccia piene delle cianfrusaglie vinte alla pesca di beneficenza.
Ricordi di una infanzia, di una adolescenza, di una giovinezza e di una mamma che ci torna sempre ogni anno con i figli….. anche se vede che ogni anno c’è sempre qualcosa in meno, che ogni anno manca sempre un pezzettino di sagra.
Cosi anche ieri sera, 10 agosto, notte di San Lorenzo, notte di stelle cadenti, sono tornata con mia madre e mia figlia alla sagra di San Lorenzo, tre generazioni che percorrono la strada della tradizione, tre generazioni alla ricerca di una sagra che ormai non c’è più. Luci spente nel piazzale davanti alla chiesa, niente più giostre, niente più musica, non c’è più l’orchestrina che suona il liscio, non ci sono più ballerini nella balera improvvisata nel campo di pallacanestro, la pesca di beneficenza ha chiuso le sue porte, Non ci sono più bambini che corrono o giovanotti in attesa de”l’arrivo delle ragazze. Non ci sono più i fuochi d’artificio. Non c’è più niente. Noi tre ci guardiamo l’una con l’altra, risaltano in macchina e deluse torniamo a casa ripensando alle parole del nonno:
“È meglio bruciare una casa che perdere una tradizione”.