Presentato alla Mostra del cinema di Venezia arriva nelle sale italiane “First man”, diretto da Damien Chazelle e interpretato da Ryan Gosling.
Il taglio dato al film è quasi biografico, il regista si concentra non solo sul memorabile sbarco del 1969 ma su Neil come marito, padre e poi come astronauta. Quando fa il colloquio alla NASA ha da poco perso la figlia, è un uomo pervaso dal dolore che con grande determinazione e umiltà si propone per andare sulla Luna. E la sua soddisfazione per essere stato preso è così contenuta che spezza il cuore.
Le interpretazioni di Ryan Gosling e Claire Foy sono delicate e contenute, volutamente al limite dell’inespressività. Perché “First man” non è il film che ci si può aspettare sul grande eroe americano, è invece lo spaccato di una vita incredibile fatta anche di semplice quotidianità. I momenti di intimità fra Neil e la moglie Janet lo dimostrano: gli sguardi, la paura, il silenzio. Ogni cosa in questo film è enorme e fragile.
Damien Chazelle punta l’attenzione sugli astronauti, sulla loro integrità e soprattutto su quel qualcosa di folle che in qualche modo li accomuna. L’uso dei primi piani e la violenza con cui nei momenti cruciali le immagini appaiono sullo schermo è insolita, vulnerabile, si tratta di una regia che si allontana da qualsiasi altro film realizzato sullo spazio. È tutt’altro che appariscente.
“First man” è la storia di una missione difficile e pericolosa, in cui emerge un uomo discreto e risoluto, un uomo che ha fatto della sua sofferenza la sua forza e che ha avuto il coraggio di rischiare la proprio vita per raggiungere l’impossibile.