Quante volte noi disabili (ci) ripetiamo o sentiamo ripetere che le barriere sono solo nella nostra testa?!? Per quanto mi riguarda, posso dire di aver sentito o letto questa frase migliaia di volte, ogni tanto l’ho persino scritta o pronunciata; ormai è un’espressione trita e ritrita, spesso usata in maniera retorica e non sempre rispondente alla realtà, basti pensare ad esempio alle barriere architettoniche, che purtroppo sono ostacoli concreti e visibili con i quali dobbiamo confrontarci quotidianamente non appena usciamo di casa.
Eppure esistono persone che con il loro modo di essere e di vivere testimoniano quanta verità ci sia effettivamente in queste parole; una di queste persone è Davide Brocca, un trentaquattrenne marchigiano che conobbi nell’ottobre 2004, quando arrivò allo Studentato “Sant’Anna” di Forlì come matricola universitaria. Di lui mi colpirono subito la chioma di capelli ricci, il sorriso dolce e i modi gentili, che forse nascondevano una certa timidezza; nei mesi trascorsi insieme non entrammo molto in confidenza, per me Davide (o meglio Dado, come lo chiamavamo tutti) era uno studente come tanti, che lavorava sodo per superare gli esami ma non rinunciava a divertirsi se ne aveva l’occasione. Poi io mi laureai e lasciai Forlì, quindi ci perdemmo di vista, per ritrovarci virtualmente su Facebook nel marzo 2010; è stato proprio grazie a Facebook che un paio d’anni fa ho scoperto che ad accomunarci non era solo la sede dei nostri studi universitari o la convivenza in studentato, ma anche una cerebrolesione conseguente ad asfissia neonatale (che nel suo caso si è verificata al momento del parto, dopo una gravidanza a termine, mentre nel mio è occorsa nei minuti successivi a un parto pretermine).
Se ho conosciuto questo “dettaglio” della vita di Davide non è perché lui abbia deciso di fare coming out attraverso i social network, bensì per un video pubblicato sulla sua bacheca; protagonista del filmato era la Nazionale di calcio a sette per atleti con cerebrolesione, una squadra nata nel 2016 della quale Davide è sempre stato l’orgoglioso capitano.
Solo con la nascita di questa formazione, o meglio con la prospettiva di poterne essere parte, l’emiplegia destra che gli era stata diagnosticata da piccolino ha assunto per lui un ruolo importante, finendo quasi per diventare un benefit anziché un deficit. Com’è possibile, direte voi? Per capirlo, riavvolgiamo un attimo il nastro: capitan Brocca viene alla luce a Fano (PU) il 12 marzo 1985 e sarà il secondo di tre figli maschi; apparentemente è un bambino sano, ma quando inizia a muovere i primi passi tende sempre a cadere verso destra. Così i suoi genitori capiscono che qualcosa non va e iniziano tutta una serie di visite e accertamenti clinici finché, grazie a un medico amico del padre, non si arriva alla diagnosi; da quel momento in poi, la famiglia lo segue costantemente, adoperandosi in tutti i modi perché quel braccio e quella gamba più corti (come pure la scarsa coordinazione) non diventino un problema.
Durante le scuole elementari Davide si sottopone regolarmente a sedute di fisioterapia e prende anche lezioni di nuoto, che senz’altro lo aiutano a rinforzare la muscolatura e ridurre notevolmente il suo deficit; come molti suoi coetanei gioca a calcio (nel suo caso si tratta di una vera e propria passione di famiglia, ereditata dal padre), militando fino al termine delle scuole superiori nelle squadre giovanili della sua zona, sempre nel ruolo di centrocampista centrale.
Probabilmente anche grazie ai valori e agli insegnamenti ricevuti in famiglia, il giovane impara presto a porsi degli obbiettivi e a impegnarsi al massimo per raggiungerli, alzando leggermente l’asticella dopo ogni traguardo; nel suo percorso di crescita personale e professionale, la disabilità non costituisce mai un limite, di fatto è come se non esistesse, fa capolino soltanto a scuola durante le ore di educazione fisica, quando Davide è spesso costretto a ragguagliare gli insegnanti sulla propria condizione.
Una volta diventato maggiorenne, consegue la patente B senza alcun problema, quindi si diploma in Ragioneria e poi si iscrive alla facoltà di Economia dell’Università di Bologna, sede di Forlì; nel 2010 conclude brillantemente gli studi (mancando la lode per un soffio) e in meno di tre mesi trova il suo primo impiego come “Document controller”. A quest’esperienza fa seguito un quinquennio come revisore contabile in un’altra azienda, per poi approdare al ruolo di impiegato amministrativo ricoperto attualmente in una ditta che ha sede nel suo paese natale.
Se dal punto di vista professionale Davide può dirsi soddisfatto, nella vita privata e nello sport le cose sembrano andare persino meglio; a settembre 2014 il matrimonio con Tatjana (galeotto fu lo studentato “Sant’Anna” …) rappresenta il coronamento del suo sogno d’amore, mentre un paio d’anni dopo riceve la chiamata più attesa da ogni calciatore, quella per la convocazione in Nazionale.
A cercarlo è un Mancini, che di nome però non fa Roberto, bensì Marcello, dunque non si tratta dell’ex centrocampista e attaccante che oggi guida gli Azzurri, ma di colui che lo allenava quand’era ancora un pulcino; quindi è evidente che la Nazionale in questione non è quella “maggiore”, bensì… indovinate un po’ qual è? Si tratta proprio della Nazionale di calcio a sette per atleti con cerebrolesione, quella del video che a suo tempo avevo scovato sul profilo Facebook di Davide!
L’idea di fondare questa squadra affiora nella mente di Mister Mancini nel 2012, dopo la sua partecipazione alle Paralimpiadi di Londra in veste di commentatore televisivo per l’emittente Sky; in quest’occasione gli viene richiesta la telecronaca delle partite di calcio a sette disputate dalle formazioni affiliate alla Cerebral Palsy International Sports and Recreation Association (CP-ISRA), ovvero l’Associazione internazionale di sport e divertimento per persone con paralisi cerebrale. Le buone prestazioni messe in evidenza dai 64 giocatori presenti a Londra gli fanno venire voglia di introdurre questa disciplina anche in Italia, creando poi una squadra che rappresenti il nostro Paese sulla scena internazionale e che sia in grado di competere con quelle già esistenti all’estero; così, al suo rientro in patria avvia le procedure necessarie perché il calcio a sette praticato da atleti cerebrolesi venga ufficialmente inserito tra le discipline riconosciute dalla Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali (FISPES).
Questo importante traguardo si raggiunge già nel 2013, ma soltanto tre anni dopo la Nazionale di calcio a sette per atleti con cerebrolesione è pronta a scendere in campo in un torneo internazionale, infatti nel 2016 i ragazzi di Mancini (capitanati proprio dal nostro Davide Brocca) volano in Irlanda; negli anni successivi i tornei internazionali si svolgono a Lavamünd (Austria) e a Barcellona (Spagna). I risultati migliori ottenuti dalla squadra, attualmente guidata dal Commissario Tecnico Simone Pajaro, sono l’oro vinto l’anno scorso in terra austriaca e il bronzo conquistato a giugno in Spagna.
Allo scopo di affinare la preparazione in vista di competizioni così importanti, i ragazzi (che di solito si allenano separatamente, ciascuno nella squadra locale che preferisce) prendono parte ai raduni tecnici che si tengono tre o quattro volte all’anno in diverse località italiane; l’ultimo appuntamento previsto per il 2019 si sta svolgendo proprio in questi giorni, dal 29 novembre al 1° dicembre, ad Abano Terme (PD). In quest’occasione la Nazionale partecipa alla sesta edizione del “Torneo internazionale di calcio a cinque e a sette per disabili fisici e intellettivo-relazionali”, organizzato dall’ASD Calcio Veneto for Disable Onlus di Padova e patrocinato dalla FISPES; chi volesse seguire la Nazionale durante quest’evento (nel quale si sfideranno quattordici squadre, per un totale di circa 160 giocatori), ma anche in futuro, potrà farlo attraverso il sito web della FISPES, già citato più sopra, oppure tramite la pagina Facebook Italia Calcio a 7 A-Side – Supporters.
Questi stessi canali permetteranno di fare il tifo per capitan Brocca e compagni anche durante gli Europei 2021; sebbene il lavoro di preparazione atletica in vista di quest’appuntamento con la storia sia già iniziato, non è mai troppo tardi per andare a rimpinguare le fila della squadra. Se tra i nostri lettori c’è qualche ragazzo cerebroleso con la passione per il calcio che vorrebbe provare a viverlo da protagonista nonostante il suo deficit, lo invitiamo caldamente a uscire allo scoperto contattando la FISPES (oppure scrivendo direttamente sulla pagina Facebook della Nazionale) e dichiarando le sue intenzioni, a tempo debito gli verrà senz’altro data la possibilità di mostrare le sue doti in campo. E non abbiate paura di non essere all’altezza o di mostrarvi così come siete, magari anche un po’ “storti”: come dice giustamente Davide, non dobbiamo rassegnarci a “vivere nella bolla” solo perché abbiamo un deficit e non vogliamo rischiare di farci un po’ male! Al contrario, dobbiamo sempre cercare di seguire le nostre passioni e anche se ciò comporta dei sacrifici, dobbiamo comunque impegnarci al massimo per abbattere tutte le barriere fisiche e mentali che ci allontanano da esse.