Dodici capolavori dell’arte, pressoché sconosciuti al grande pubblico, tanti quanti sono i mesi dell’anno: ecco il «Calendario artistico 2021», anzi, il “Calendario delle donne, insolito nel suo genere”, come lo definisce Vittorio Sgarbi, storico e critico d’arte, ma soprattutto grande collezionista di opere d’arte, che per questa iniziativa editoriale, nata da un’idea di Sabrina Colle e Nino Ippolito e realizzata con la collaborazione con la casa editrice «Il Cigno» di Lorenzo Zichichi, ha letteralmente aperto le porte della sua residenza romana per mostrare dipinti inediti e di grande suggestione.
«Io ho quel che ho amato» è il titolo di questa prima edizione. Il perché lo spiega l’editore Lorenzo Zichichi: “Da un genio che ha percorso la vita culturale e politica italiana, Gabriele d’Annunzio, che scrisse «Io ho quel che ho donato» all’ingresso del Vittoriale degli Italiani sul Lago di Garda e ne fece con la cornucopia il simbolo della dimora che poi appunto donò al popolo italiano, è nata la frase che Vittorio Sgarbi, parafrasando il Vate, ha voluto sintetizzasse il suo primo calendario. Vittorio Sgarbi ha una straordinaria collezione di opere d’arte che sono state anche esposte in più occasioni, ma i quadri che illuminano la sua casa sono naturalmente un numero limitato, sono quei dipinti che fanno parte del suo quotidiano. Tra questi numerosi sono i ritratti di donna. Rendere partecipi gli altri del mondo artistico e della bellezza di cui Sgarbi ama attorniarsi è l’idea di questo calendario”.
“Ogni mese – spiega invece Vittorio Sgarbi – è illustrato da un’immagine femminile che esprime il suo stato d’animo in una corrispondenza di amorosi sensi”.
Ma c’è un legame con l’attualità. E Sgarbi lo sintetizza con queste parole: “Il 2020 è un anno da dimenticare. Il 2021 sarà – questo è l’auspicio di tutti – l’anno della rinascita. E io voglio che sia ricordato con un’iniziativa speciale, un Calendario di donne, insolito (il primo, spero, di una lunga serie) che testimoni, attraverso il linguaggio universale dell’arte, il ritorno alla vita. Perché non c’è rinascita senza cultura”.