Uno dei miei passatempi preferiti durante l’infanzia e la preadolescenza era giocare con i mattoncini LEGO, prodotti dall’omonima azienda danese e diventati ormai internazionalmente famosi; a onor del vero non ero molto brava a costruire casette o modellini seguendo le istruzioni, però mi piaceva assemblare i mattoncini colorati a modo mio, attaccandoli sulle basi quadrate grigie o verdi per costruire torri, muri, labirinti e chi più ne ha più ne metta.
Qualche anno dopo, quando ormai i miei LEGO erano rimasti solo nei ricordi (non so bene se mia mamma a suo tempo li abbia buttati nella spazzatura o regalati a bambini più piccoli di me, dato che già alle scuole medie non avevo più tempo per giocarci), ho scoperto che c’è chi con i LEGO crea dei veri e propri capolavori, come ad esempio fedeli riproduzioni in scala di celebri monumenti, di navi o di aerei, ma anche graziosi mazzi di fiori o splendidi alberi di Natale che sembrano veri; esistono addirittura competizioni nelle quali vince chi costruisce l’opera più bella e originale, nonché delle mostre dove gli appassionati (e non solo) possono ammirare le creazioni più disparate, tutte rigorosamente in mattoncini colorati.
In tempi più recenti però, le potenzialità dei LEGO mi hanno davvero sorpreso; circa tre anni fa infatti, i media nazionali hanno dato il giusto spazio alla grande inventiva di Rita Ebel (potete leggere qui un articolo di “Abilitychannel tv” che la presenta), una nonna tedesca che da anni si muove in carrozzina e perciò si confronta quotidianamente con il problema dell’inaccessibilità dei luoghi pubblici, problema che oggi contribuisce a risolvere costruendo delle rampe fatte di mattoncini LEGO riciclati. L’idea della signora Rita mi è parsa subito geniale, sebbene io non abbia potuto fare a meno di chiedermi se una volta assemblati i mattoncini siano davvero così solidi da poter reggere il peso di una sedia a rotelle e di chi ci sta sopra; nonostante questa perplessità, ho comunque pensato che sarebbe stato bello mutuare l’idea e importarla in Italia, se veramente funzionava. Non ci crederete, ma mentre io pensavo, qualcun altro agiva, dando forma al mio pensiero senza saperlo, anzi, senza nemmeno conoscermi!
Lui è il dottor Sebastiano Rizzardi, responsabile della comunicazione all’interno del programma Habile, un progetto del “C.C.S. – Consorzio Cooperative Sociali” di Selvazzano Dentro (PD), che si pone l’obbiettivo di abbattere le barriere fra disabilità e lavoro; tra l’autunno del 2020 e quello del 2021 il dottor Rizzardi incontra sul suo cammino cinque ragazzi di età compresa tra i 20 e i 28 anni, tutti affetti da disturbi dello spettro autistico e viene incaricato di insegnare loro a comunicare, sebbene loro abbiano ben poca voglia di farlo.
Dopo qualche settimana di lavoro con il gruppo, il dottore si accorge che in questo caso i metodi di insegnamento tradizionali sono pressoché inefficaci, quindi decide di cambiare strategia e di lasciare ai ragazzi la libertà di esprimersi e raccontarsi nei tempi e nei modi che preferiscono, senza forzarli a seguire uno schema prestabilito.
Poco alla volta essi disvelano così la propria personalità e le loro passioni, tra le quali spiccano la scrittura, l’arte, la grafica e il video editing, i viaggi (reali o di fantasia) e naturalmente i mattoncini LEGO; le attitudini e le inclinazioni di ognuno diventano punti di forza per lui e per il resto del gruppo, attraverso l’espressione concreta di questi talenti i ragazzi capiscono di avere voce in capitolo, di poter liberamente “dire la propria” e di meritarsi un posto nel mondo. Con la supervisione del dottor Sebastiano Rizzardi nasce dunque la squadra dei “Talents” (che potete seguire su Facebook e Instagram), composta da Enrico Balestra, Nicola Barzon, Ludovico Lancia, Enrico Ortile e Alessandro Padrin.
L’abilità e la pazienza di Enrico Balestra nell’assemblare i mattoncini LEGO colpiscono particolarmente il supervisore dei “Talents”, che guarda caso proprio in quel periodo apprende dai media la storia di Rita Ebel, la nonna tedesca della quale vi ho raccontato più sopra, e ha il mio stesso pensiero: sarebbe bello se l’iniziativa della signora Ebel potesse essere replicata anche in Italia, dove le barriere architettoniche sono purtroppo ancora presenti un po’ dappertutto.
Per passare dal pensiero all’azione, il dottor Rizzardi decide innanzitutto di contattare la signora tramite Facebook e farsi dare da lei le istruzioni per costruire le rampe; dopo averle ricevute, spiega il suo progetto a Enrico, che lo accoglie subito con entusiasmo e si mette all’opera coinvolgendo anche tutti i suoi compagni di squadra. Come lui stesso spiega, l’idea di mettere il suo talento a disposizione delle persone con disabilità motorie lo fa sentire vivo; proprio per questo si dedica alla costruzione delle rampe con determinazione e costanza. Insieme alla precisione, all’attenzione per i dettagli e ovviamente al suo amore per i LEGO, queste sono state e sono tutt’ora fondamentali per il successo dell’iniziativa, infatti è proprio da esse che i “Talents” traggono l’energia necessaria per continuare a costruire le rampe (e quindi abbattere barriere), ma soprattutto per insistere nella loro “caccia ai mattoncini”.
La raccolta dei LEGO riciclati avviene principalmente attraverso il passaparola, al quale aderiscono volentieri anche le istituzioni locali; a oggi sono infatti già tre i Comuni del padovano che hanno sposato la causa posizionando in biblioteca un raccoglitore di mattoncini e auspicando di riuscire in breve a raccoglierne un numero sufficiente a costruire una rampa: nello specifico, si tratta di Padova, Rubano e Selvazzano Dentro. Con i mattoncini raccolti finora, sono state realizzate sette rampe, posizionate nella zona industriale di Padova, davanti ad alcuni negozi di Recoaro Terme (VI) e in una scuola dell’infanzia di Saccolongo (PD). Un’altra richiesta è arrivata poi dal Comune di Montecchio Maggiore (VI), che ha in programma di utilizzarle per rendere accessibili i Castelli di Romeo e Giulietta.
Se inizialmente il progetto del dottor Rizzardi e dei “Talents” era poco conosciuto, adesso sta avendo una visibilità sempre maggiore, anche grazie alla campagna social che da qualche mese i ragazzi hanno avviato insieme al campione paralimpico Damiano Marini, veneto come loro; l’incontro tra Damiano e i “Talents” è avvenuto l’estate scorsa e da allora l’atleta (che essendo paraplegico utilizza abitualmente le rampe) è diventato testimonial del progetto, che nel frattempo ha assunto un nome molto significativo: “LEt’sGO” (“Andiamo!” in inglese). In qualità di testimonial, Damiano “ci mette la faccia” e non perde occasione di promuovere l’iniziativa sul suo seguitissimo canale Instagram, nell’intento di farla conoscere ai suoi follower, sensibilizzandoli al tempo stesso su temi importanti quali l’autismo, l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, l’abbattimento delle barriere architettoniche e il riciclaggio dei rifiuti.
Di recente “LEt’sGO” è sbarcato anche nelle scuole secondarie di primo grado presenti sul territorio, infatti Damiano e i “Talents” sono andati personalmente a incontrare alunni e insegnanti della scuola “A. Doria” di Ponte San Nicolò (PD), portando con sé una rampa, ma soprattutto la loro testimonianza di vita, nella quale la spensieratezza dei momenti di gioco è stata purtroppo oscurata dagli episodi di bullismo che alcuni di essi hanno subìto proprio quando frequentavano le scuole medie, oggi denominate appunto scuole secondarie di primo grado. Vista l’ottima risposta degli studenti, che hanno dimostrato un vivo interesse nei riguardi dell’iniziativa, il campione paralimpico e i suoi talentuosi amici sono pronti a replicarla nelle scuole secondarie di primo grado del Comune di Albignasego (PD) e successivamente in tutte le altre scuole che ne faranno richiesta.
Durante questo “tour tra i banchi”, che sembra essere appena cominciato, l’obbiettivo del gruppo sarà sempre lo stesso: accendere i riflettori sui disturbi dello spettro autistico, dimostrare che l’autismo e la disabilità in generale non precludono (né devono precludere) l’ingresso nel mondo del lavoro e far capire che ogni persona, a prescindere dalle sue condizioni psicofisiche, ha dei talenti da poter mettere a servizio del prossimo.
Nell’ambito del progetto “LEt’sGO”, tutte le parti coinvolte hanno messo (e continuano a mettere) le proprie competenze e abilità a disposizione degli altri interlocutori e, in ultima istanza, del contesto sociale in cui operano. Il dottor Sebastiano Rizzardi, esperto di comunicazione, ha fatto propria l’idea della signora Rita Ebel (prima ideatrice e costruttrice delle rampe di LEGO) e l’ha saputa trasmettere a Enrico Balestra e compagni, che insieme l’hanno poi trasformata in realtà per il loro territorio, costruendo materialmente le rampe; Damiano Marini è quindi salito volentieri su questo treno in corsa e ha deciso di esporsi in prima persona, usando la notorietà di cui gode a livello regionale (e non solo) per spingerlo sempre più avanti e per andare a bussare alla porta delle istituzioni locali, che tramite le risorse economiche a loro disposizione possono fornire la benzina necessaria a far crescere e progredire un progetto simile; dal canto loro, i Comuni interessati hanno accettato di sostenere il progetto, contribuendo anche alla sua diffusione sul territorio. Ecco perché a mio parere questa lodevole iniziativa è anche un esempio di come nella società civile si possa e si debba fare rete, unendo le nostre forze e le nostre differenze per completarci a vicenda e raggiungere insieme obbiettivi comuni, funzionali al benessere collettivo.