Gorizia e la sua radio. E chi se la aspettava nel 45, una stazione radiofonica che per due anni offre musica jazz e trasmette Benny Goodman, Duke Ellington, Frank Sinatra.
Il jazz per sconfiggere la guerra e rimandare ad immagini di pace , le trombe e i sax, per cancellare i tamburi di guerra, anche di guerra fredda, che incombe sul confine orientale e non ben definito di Gorizia.
Ma gli americani propongono un momento musicale, lo fanno per le loro truppe ma anche per far assaporare agli italiani il profumo di libertà che porta il jazz, cosi come quelle truppe hanno riconsegnato alla democrazia terre lontane e stanno preservando da altri rischi quelle stesse città .
Il jazz possiede un quid di docile e di malinconico, di allegro e doloroso, sembra il segno sotto forma di nota musicale, di un ‘epoca, in cui una guerra si chiude e nuove esperienze possono affacciarsi. Occorreva una guerra per far apparire agli europei in tutta la sua forza magica la musica jazz? .
Alessio Bruni sul palco del Mittelfest ha letto una storia struggente , che definire romantica puo’ apparire stonato, una storia di dolori da dimenticare, di confini da aprire di frontiere da strappare alla logica del filo spinato e dei muri.
Talk radio ci ha rimandato ancora ad una serata in cui tra i protagonisti c’è Angelo Floramo, che si conferma ogni giorno raffinato scrittore.
Anche dal suo testo il doloroso messaggio di una guerra che strappa e non ricuce.
Ma forse ci pensa proprio il jazz con la sua anima malinconica, con il suo incedere lungo e pausato.
I suoni jazz che si sono rincorsi per San Francesco ammutoliscono chi odia, ricordano la bellezza dell’esistente e cancellano il male del mondo.
Il jazz trionfa dove gli uomini come Valter Sivilotti raccontano la sua pace , non scaricata dalle tensioni, ma certamente rasserenano la sera e ci richiamano alla nostra umanità .
Davanti all’umanità ,devastata da conflitti etnici che per ben due tappe ha dovuto affrontare la prima e la seconda tragedia, Talk radio esprime la sua promessa.
A tutti insieme il compito di mantenerla, l’orchestra in questo caso vale piu’ del singolo artista.
Interpreti fragili e potenti hanno soffermato il fiato degli ascoltatori con l’esecuzione di tutti i brani , ma il profondo che c’e’ in noi ha sussultato all’esecuzione di Summer time, che pare un racconto malinconico di un’estate trascorsa e lontana che vogliamo aspettare ancora, che assomiglia all’attesa di un altro secolo , piu’ tenue e puro, perche’ quel novecento trascorso è stato lungo e buio…magari fosse stato un secol breve.
Vito Sutto