Donne di età compresa tra i 41 e i 50 anni con un diploma di scuola superiore che, per la maggior parte, hanno un contratto a tempo indeterminato nel settore privato con mansioni impiegatizie. È l’identikit dell’utente più rappresentato al Punto ascolto antimobbing di questi primi 5 anni di anni attività secondo quanto riferito dagli operatori del Punto – Cristiana Caparesi coordinatrice del centro, la psicologa Gabriella Salanitro e l’avvocato Teresa Dennetta – che oggi a palazzo Belgrado hanno presentato l’attività svolta dal 2007 ad oggi. Nel 2007, infatti, l’amministrazione provinciale, cogliendo le opportunità offerte della legge regionale 7 del 2005 in materia, ha aperto all’interno di palazzo Belgrado il Punto di Ascolto antimobbing (nel 2010 è stato attivato un info-point anche a Tolmezzo). Le finalità dei Punti di Ascolto consistono in attività di sostegno, consulenza e aiuto nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori cui è offerta la possibilità di effettuare, senza alcun onere, un primo colloquio di accoglienza con operatori qualificati e successivi colloqui con professionisti (psicologo, avvocato, medici). I colloqui hanno l’obiettivo di verificare l’eventuale sussistenza di una situazione di malessere psico-fisico, legata a molestie o altre forme di pressione psicologica, e individuare percorsi personalizzati di uscita dalla situazione di malessere verso i quali orientare la lavoratrice o il lavoratore. Allo scopo di facilitare l’eventuale presa in carico della terapia psicologica o medica delle lavoratrici e dei lavoratori che richiedessero tali prestazioni, i Punti di Ascolto possono definire convenzioni con le singole strutture del Servizio Sanitario regionale, sulla base di protocolli predisposti e promossi dalla Commissione integrata ed approvati dalla Direzione centrale salute e protezione sociale. Il Punto di Ascolto della Provincia di Udine ha un gruppo di lavoro costituito da due operatori di accoglienza, di cui uno con funzione di coordinatore, uno psicologo-psicoterapeuta, uno psichiatra, un avvocato, un medico del lavoro ed un medico legale.
Dal 2007 ad oggi grandi passi sono stati compiuti: il servizio si è immediatamente organizzato per divenire punto di riferimento per chi subisce sofferenze sul luogo di lavoro, radicandosi sul territorio tramite una fitta rete di relazioni e contatti. La professionalità del gruppo di lavoro si è perfezionata negli anni tanto che oggi il punto di Ascolto di Udine è uno dei più qualificati in Regione. Nei primi 5 anni di attività il Punto di Ascolto ha accolto oltre 700 persone, offrendo ascolto, supporto psicologico e solidale, soluzioni concrete per affrontare il disagio e superarlo. Un’azione promozionale fondata sul presupposto che sia necessario non solo sostenere il lavoratore che ha subito vessazione, ma anche agire per diffondere una cultura dell’organizzazione del lavoro fondata su relazioni improntate alla cooperazione. Attualmente i dati confermano, purtroppo, che le vessazioni sul lavoro non accennano a diminuire: anzi, la crisi economica degli ultimi anni, la precarietà crescente, l’accumulo di difficoltà e stress paiono aver provocato una recrudescenza del fenomeno, come testimoniano alcuni passaggi di questa pubblicazione e l’esperienza sul campo dei professionisti del Punto di Ascolto. Il Servizio quindi continua la sua attività, con la prospettiva di un ulteriore ampliamento e rafforzamento che si concretizzerà nell’anno 2013.
Dai dati presentati è anche emerso come i mutamenti aziendali (27%) siano fra le cause principali di conflittualità sul lavoro, confermando l’idea che in tempi di crisi come quelli attuali, il benessere dei lavoratori è sempre più a rischio. Nel 21% dei casi ci sono fattori di carattere socioanagrafico che comprendono il genere, la provenienza, l’eventuale disabilità/invalidità o le particolari condizioni di salute dei lavoratori. Quest’ultimo dato si mostra congruente con le assenze prolungate, i congedi, le richieste di permessi. Quanto alle tipologie delle molestie, le umiliazioni e le critiche ingiustificate sono fra le azioni maggiormente segnalate come lesive della dignità del lavoratore (30%). Non sempre si possono definire tali modalità come mobbizzanti, ma certamente non aiutano a stare bene, a concentrarsi, e alla fine ledono anche gli interessi dell’azienda stessa. Le conseguenze. Il 43% dei lavoratori segnala come conseguenza del disagio il peggioramento della propria condizione di salute: alcuni utenti arrivano al Punto di Ascolto già con delle diagnosi psichiatriche o di altre patologie, come ipertensione arteriosa o gastriti. Il 36% degli utenti riferisce comunque una situazione di ansia e di malessere generale; il 15% è fuoriuscito dal contesto lavorativo perché dimesso o licenziato. circa un terzo dei casi esaminati (29%) è stato identificato dai professionisti del Punto di Ascolto come possibile mobbing. I casi analizzati mostrano come alle azioni aggressive e persecutorie, le persone rispondano con uno stato di ansia, depressione e altre forme patologiche, con un peggioramento della condizione psicofisica per il 42%; ben il 14% viene licenziato o si dimette perché non ce la fa a sopportare lo stato prolungato di stress.