“Abbiamo massimo 6 mesi di tempo per cercare di arginare la recessione, dal momento che già in alcune parti d’Italia si stanno manifestando disordini sociali. Se non si inverte il declino del Pil potranno esserci disordini sociali seri e generalizzati”.
Queste le parole di Antonio Marzano, presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, ospite di Pordenone Pensa, rassegna organizzata dal Circolo Culturale Eureka in collaborazione con la Provincia di Pordenone.
“Il benessere oltre il Pil” era il titolo della serata, condotta dal presidente di Unindustria Pordenone Michelangelo Agrusti, ieri all’ex convento San Francesco di Pordenone.
“Non si può aspettare il 2014 per sbloccare gli investimenti, per ridurre il cuneo fiscale, per eliminare le eccessive regolamentazioni che ostacolano le imprese – ha aggiunto – l’Italia si può salvare ma deve avere una missione comune. Nel dopoguerra ci riuscì perché l’obiettivo di tutti era ricostruire il Paese”.
Il dibattito si è poi sviluppato attorno alla ricerca condotta da Cnel e Istat su 12 settori vitali per il nostro benessere, dalla salute all’istruzione, dall’ambiente ai servizi, dalle relazioni sociali alla sicurezza. “Il Pil è fondamentale, non si può trascurare – ha detto Marzano – ma un Pil elevato non è sempre indicatore di benessere. Non si può chiedere alla gente di vivere felice in povertà come fece San Francesco. Così come non può essere sintomo di ben-vivere dover uscire 2 ore prima di casa per recarsi al lavoro e rincasare 2 ore dopo del dovuto a causa del traffico. E se per favorire la crescita industriale si rovina l’ambiente, questo non è indice di benessere. La salubrità è essenziale per una buona qualità di vita”.
E ancora: “nel Pil non figura il grado di sfruttamento dell’operaio; non si misurano la libertà e la democrazia. La qualità della vita è determinata dal progresso civile, dalla conoscenza (e non dalle conoscenze). Per questo bisogna premiare il merito. Non è vero che la meritocrazia produce disuguaglianze, anzi, è l’unica possibilità per un giovane che proviene da una famiglia non benestante di riscattare la propria posizione”.
E ha aggiunto: “carichiamo molto la classe politica di responsabilità, ma la colpa non è solo sua. Quando le comunità locali manifestano contro un termovalorizzatore o una centrale energetica allora la colpa non è della politica o della burocrazia. Anche noi dobbiamo cambiare. Quella parte di società civile che non vuole cambiare dimostra che non le importa nulla dei giovani, ai quali lascia un debito pubblico colossale e privilegi non ereditabili”.
E sui giovani e i loro problemi occupazionali Marzano si è fermato a lungo: “io sono dell’idea di stare in Europa, ma non in questa Europa. Come Ue, se dovessi scegliere tra il nervosismo dei mercati e il 30% dei giovani disoccupati non avrei alcuna esitazione. Quanto all’accesso al credito, le banche italiane (che non sono peggio delle estere) si basano sulla cultura del precedente. Continuano a dare credito a chi già si è comportato bene, mentre dal punto di vista bancario, il giovane non è a loro conosciuto. In questo modo, però, il merito di credito scompare, così come le nuove idee”.
E sulla ricerca Cnel/Istat: “per misurare il benessere abbiamo scelto alcuni parametri, la cui utilità è stata valutata dalla gente. Abbiamo poi comunicato il risultato ai politici con l’obiettivo di stilare una costituzione statistica, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso e che possa diventare uno strumento utile per la messa a punto delle politiche necessarie al Paese.”