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L’effetto Kondo ferromagnetico

redazione 24 Luglio 2013

L’effetto Kondo ferromagneticoUn circuito che simula un effetto previsto e mai osservato della fisica.

Un gruppo di fisici, fra cui alcuni scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (SISSA), mostra come ottenere un caso particolare di un effetto fisico – ancora mai osservato nella realtà – i cui studi sono valsi un premio Nobel. Gli scienziati hanno anche previsto il comportamento del materiale sottoposto a questo effetto. Queste osservazioni daranno indicazioni preziose ai fisici sperimentali per, in futuro, osservare il fenomeno nella realtà.
L’effetto Kondo è valso il Nobel per la Fisica nel 1982 a Kenneth Wilson – fisico americano morto quest’anno – che ha risolto numericamente questo “problema” di fisica dello stato solido. Ora un gruppo di scienziati fra cui alcuni ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste ne hanno studiato una variante meno nota, prevedendo teoricamente l’osservabilità del fenomeno, e descrivendone il comportamento nel dettaglio.

L’effetto Kondo, descritto la prima volta dal fisico giapponese Jun Kondo nel secolo scorso, si osserva quando a un metallo come l’oro o il rame si aggiunge un’”impurezza” magnetica, cioè pochissimi atomi (anche solo 1 su 1000) di materiale magnetico, come il ferro.

“Ogni elettrone ha un momento, sia di rotazione che magnetico, detto spin. Kondo è un fenomeno legato allo spin degli elettroni del metallo”, spiega Erio Tosatti, scienziato della SISSA fra gli autori del paper, appena pubblicato su Physical Review Letters. “Gli elettroni liberi del metallo si affastellano intorno all’impurezza e si dispongono con uno spin che la scherma, al punto che non è più rilevabile, almeno fino a che la temperatura è sufficientemente bassa. Questo determina particolari proprietà del materiale, per esempio un aumento della resistività, la resistenza al passaggio degli elettroni nel metallo“.

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