Il Magazzino 18, nel Porto Vecchio di Trieste, raccoglie ancora oggi una quantità incredibile di oggetti appartenuti agli istriani ed ai dalmati che furono cacciati dalle loro terre e, passati per Trieste, da qui se ne andarono per il mondo, impossibilitati a portarsi dietro i poveri mobili di casa, le sedie, i quaderni di scuola, oggetti per lavorare la terra e nelle botteghe artigiane. È un luogo abbandonato, ma anche un museo che racconta di noi.
“Magazzino 18” è il titolo dell’opera teatrale che Simone Cristicchi, con la regia di Antonio Calenda, offre al pubblico italiano grazie anche alla sensibilità del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, che ha deciso di produrre lo spettacolo.
Sabato sera, per puro caso, noi abbiamo assistito allo spettacolo al Rossetti di Trieste, seduci vicini. È stata una grande emozione, acuita dalla consapevolezza di aver condiviso qualcosa che per anni era invece memoria divisa, frantumata, per noi due come per milioni di italiani.
Se il teatro è anche impegno civile, Magazzino 18 è l’ideale tassello che può finalmente aiutare a colmare un vuoto nella memoria storica italiana, che per anni ha sorvolato con distacco sulla tragedia dell’esodo Istriano-giuliano-dalmata.
Lo stupore con il quale il protagonista dell’opera scopre l’italianità dei nomi di Novi Grad, Pula o Rovinj, che non sono altro che Cittanova, Pola e Rovigno, simboleggia l’inevitabile ignoranza degli italiani che non hanno mai trovato queste pagine nei libri di storia.
Pagine di storie scomode, per troppo tempo pericolose e delicate da scrivere, e forse per questo mai affrontate appieno.
Il modo e la delicatezza con il quale Simone Cristicchi le affronta sono un vero manuale di impegno civile. Per ricordare, chiedendo scusa, riportando armonia nella storia nazionale.
Il modo in cui, partendo da storie personali, riesce anche a delineare il contesto storico che ha portato alla tragedia dell’esodo e delle foibe, è un manuale di storia, una lezione alla quale tutti gli studenti dovrebbero poter assistere.
Ecco perché è un’opera che vorremmo fosse rappresentata ad un pubblico più ampio possibile, anche a Pordenone. Per far sì che anche i nostri concittadini possano conoscere meglio quanto accadde a soli 100 km da noi, che ha coinvolto molte famiglie che da allora risiedono nella nostra provincia e che ci riguarda da vicino, anche perché ha un valore universale, ci parla anche di quanto oggi sta accadendo in altre parti del mondo, neppure tanto lontane.
Per questo chiediamo al Teatro Verdi di Pordenone di mettere in calendario, il prima possibile, lo spettacolo di Simone Cristicchi, che a Trieste ha registrato un vero trionfo di pubblico, come non succedeva da anni.
Si tratta di una grande orazione civile cui la gente di questa provincia ha il diritto di poter assistere.
Emanuele Loperfido
Giovanni Zanolin