Robot sempre più piccoli che svolgono le loro funzioni addirittura dentro il corpo umano. Non un sogno fantascientifico ma un orizzonte vicino. A una condizione: la miniaturizzazione di questi dispositivi artificiali richiederà che questi acquistino la stessa “morbidezza” e adattabilità dei tessuti biologici. Così la pensano scienziati come Antonio De Simone, della SISSA (la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste), e Marino Arroyo dell’Università Politecnica della Catalogna che hanno appena pubblicato una ricerca sul Journal of the Mechanics and Physics of Solids: ispirandosi ai microorganismi unicellulari acquatici, hanno studiato i meccanismi di locomozione dei “robot soffici”.
Dimenticate ingranaggi, stantuffi, e leve: i robot miniaturizzati del futuro saranno “morbidi”.
“Se penso ai robot di domani mi vengono in mente i tentacoli del polpo, o la proboscide dell’elefante, più che il braccio meccanico di una gru, o gli ingranaggi di un orologio. Se poi penso a dei micro-robot allora mi vengono in mente i microorganismi unicellulari che si muovono nell’acqua. I robot del futuro saranno sempre più simili agli organismi biologici” spiega Antonio De Simone, che insieme a Marino Arroyo dell’Università Politecnica della Catalogna