Il presidente della Provincia, per questo, non parteciperà alla riunione in programma lunedì
«Il fatto che nell’ordine del giorno della prossima riunione della Commissione paritetica Stato-Regione non sia stato inserito il passaggio del Castello di Udine al Friuli è un silenzio più che preoccupante». Così il presidente della Provincia Pietro Fontanini che, alla vigilia delle riunione di lunedì della Paritetica a Roma, annuncia che per questo motivo non parteciperà all’incontro. Il fatto che si stessero addensando delle nubi all’orizzonte per la definitiva cessione di uno dei più importanti simboli per il popolo friulano, lo si era intuito già lo scorso mese di ottobre. E proprio per ovviare a ulteriori impasse il presidente aveva messo sul piatto una proposta. «Poiché il canone di affitto è similare (sull’ordine dei 100 mila euro) – aveva detto il presidente – la Provincia di Udine è pronta a rinunciare all’introito degli affitti percepiti dallo Stato per l’utilizzo degli spazi della Prefettura e della casa del prefetto chiedendo in cambio l’alienazione del bene simbolo del Friuli al patrimonio dell’amministrazione provinciale».
Una proposta provocatoria, quella del presidente della Provincia, che oggi Fontanini rilancia con forza. «Una proposta che, forse, può rivelarsi l’ultima chance da giocare vista la piega presa dalla questione. E visto che l’amministrazione centrale ascolta e recepisce solo quando si mettono in gioco risparmi e tagli, magari questa è la volta buona che la contropartita venga accolta di buon grado». La proposta del presidente Fontanini era nata dagli sviluppi dell’iter “ordinario” per l’alienazione del castello. Durante la seduta di ottobre della Commissione paritetica era emerso infatti che la Ragioneria dello Stato non intende rinunciare a incassare i 103 mila euro del canone annuale. E così s’imporrebbe la necessità di inserire nella legge di stabilità un articolo ad hoc che riguardi proprio il trasferimento a titolo gratuito di questo bene dal demanio alla Regione Fvg. Da qui la proposta del numero uno di palazzo Belgrado e la decisione di non partecipare alla riunione.