“Anche gli altri stati europei, ora, si stanno lamentando della forma aggressiva del cabotaggio dell’Est, fenomeno che in Friuli Venezia Giulia abbiamo subito per primi”
CNA FITA Fvg, l’associazione artigiana dell’autotrasporto, denuncia la retromarcia dei firmatari del protocollo artigiano che è parte integrante dell’ultimo contratto di lavoro nazionale, siglato il 17 dicembre scorso. “In poche settimane – spiega il presidente regionale CNA-FITA Giosualdo Quaini – i sindacati dei lavoratori e la Confartigianato Trasporti sono diventati cauti e pieni di dubbi sull’unico messaggio politico serio da inviare al Governo, che evidenzia l’allarmante crisi che il cabotaggio estero sta determinando sul nostro mercato in termini di vero e proprio dumping sociale”.
CNA-Fita aveva proposto di far richiedere, come previsto e condiviso dallo stesso protocollo, al Governo italiano l’attivazione, in Europa, della clausola di salvaguardia per interrompere il regime di cabotaggio nel nostro Paese per un semestre, con la possibilità di reiterare il blocco per altri sei mesi. “Anche gli altri stati europei, ora, si stanno lamentando della forma aggressiva del cabotaggio dell’Est, fenomeno che in Friuli Venezia Giulia abbiamo subito per primi – continua Quaini -. I vettori esteri hanno prezzi più bassi, mentre il costo del lavoro nelle imprese italiane con oltre 10 dipendenti è di circa 50mila lordi, ben sopra la media europea e 10 volte tanto rispetto alla Bulgaria”. Le imprese strutturate fuggono all’estero portando lì tasse e contributi, delocalizzando l’intera azienda o parti importanti di essa, come gli autisti dipendenti.
“CNA-Fita è contraria a questa impostazione e per tale motivo non può condividere oltre misure attendiste che continuano a rimandare sine die già solo il confronto diretto e risolutivo con simili questioni. Continuiamo a registrare su temi centrali per la competitività delle nostre imprese una sospetta chiusura conservatrice per mantenere invariato lo status quo, ragion per cui chi oggi vorrebbe isolarci renderà chiaro almeno chi rappresentiamo: imprese artigiane italiane che vogliono rimanere a produrre lavoro e ricchezza in Italia”. Urge insomma far arrivare a Bruxelles il livello di sofferenza insopportabile “accumulato dai nostri operatori ormai incapaci di sostenere questa concorrenza selvaggia”. Fita non minaccia il fermo, ma tiene in considerazione il blocco dei vettori esteri alle frontiere “e il distacco dei dipendenti in Europa – avverte Quaini -. I sindacati non si tirino indietro dinanzi all’emergenza di mantenere il posto di lavoro dei nostri dipendenti”