“L’attività riprende con molte incognite. Crisi non ancora superata” Clima di sfiducia verso il sistema Paese e le istituzioni
Le percezioni
Dopo la pausa di agosto la piccola e media industria del Friuli-Venezia Giulia riapre i cancelli con molte incognite e con deboli prospettive. Lo rende noto l’Associazione Piccole e Medie Industrie del Fvg-Confapi Fvg, dopo una breve ricognizione sulle percezioni delle imprese che riprendono l’attività. “La sensazione prevalente è che la crisi, di natura ormai recessiva, sia ancora lontana dall’essere superata – è il commento del Presidente della Confapi Fvg Massimo Paniccia -. Nemmeno si riescono a raccogliere quei timidi segnali di ripresa e di ottimismo che da alcune parti vengono attribuiti all’economia nazionale. Viceversa, si percepiscono gli effetti involutivi di uno strutturale ridimensionamento dell’apparato produttivo regionale, che difficilmente potrà essere recuperato anche con una inversione delle tendenze in atto. Così, il mese di agosto, che le imprese in passato dedicavano alla manutenzione degli impianti, ma anche alla programmazione della futura attività, si è tradotto per molte in una riflessione sull’opportunità o meno di proseguire la stessa attività”.
Chi tiene
Gli unici segnali incoraggianti, continua Paniccia, provengono ancora dall’export e riguardano per lo più imprese e settori, come la meccanica e l’agroalimentare, che hanno avuto una forte propensione ai mercati internazionali e che anche in questi anni hanno continuato a investire in sviluppo. “Ma – osservano i piccoli e medi industriali – le attuali vicende dimostrano come le esportazioni siano lontane dal poter sostenere l’intero tessuto economico, né a livello nazionale e né a livello regionale, e che la caduta della domanda interna costituisce un forte motivo di apprensione”. Non è sufficiente, dunque, per Confapi Fvg, confidare esclusivamente in una ripresa complessiva dell’area dell’euro o della stessa economia mondiale, nella speranza che questo basti a risollevare le sorti del sistema economico italiano.
Settori
Se si passa ai singoli settori, è sicuramente quello meccanico a manifestare maggiore dinamismo e fiducia, grazie a un trend incoraggiante della domanda estera e a un portafoglio di ordini che per alcune imprese arriva anche a due anni. Anche l’agroalimentare, che almeno in parte vede premiata l’alta qualità delle proprie produzioni, riesce a reggere con successo la concorrenza dei paesi più agguerriti e ha lo stimolo per programmare iniziative di respiro pluriennale; la sua maggiore preoccupazione resta quella della tutela del prodotto italiano sui mercati interno e internazionale.
Il settore del legno e dell’arredamento è un po’ la cartina di tornasole della divaricazione fra domanda interna e domanda estera. Reggono ancora le imprese che hanno presidiato e sviluppato i mercati esteri, ma ciò non compensa la caduta degli ordinativi del mercato interno. Complessivamente, resta il timore di una sua ulteriore contrazione, già a partire dagli ultimi mesi dell’anno.
Il settore delle costruzioni è sempre fermo e continua a perdere numerose imprese. Confida nelle misure del decreto del “Fare” per rimettere in moto il settore immobiliare, l’attività edilizia e il relativo indotto, ma senza l’attivazione di investimenti nel settore pubblico e di una nuova politica urbanistica che rilanci quello privato non potrà risalire la china.
Anche nel ramo dei trasporti numerose sono le imprese che hanno cessato l’attività o che si sono ritirate dalla nostra regione. Altre si teme lo facciano nei prossimi mesi. Questo ha ampliato il mercato delle restanti imprese, che riescono ad acquisire nuove commesse, ma con prezzi invariati da diversi anni fa e persistenti difficoltà d’incasso. Anche in questo settore sono state almeno in parte premiate quelle imprese che hanno saputo diversificarsi e affinare la propria attività in ambiti logistici e non solo di mero trasporto stradale.
Ammortizzatori sociali
Il ricorso agli ammortizzatori sociali, proprio per l’importanza e significatività del dato, è monitorato settimanalmente. La rilevazione sull’utilizzo degli strumenti di integrazione al reddito registra ancora un intenso ricorso, che ha avuto inizio in maniera significativa nella seconda metà del 2009 che, in quell’anno ha raggiunto il suo picco che tuttora si mantiene. Alla data del 9 settembre 2013 gli ammortizzatori sociali (CIGO, CIGS, Contratti di solidarietà difensivi, Procedure di riduzione collettiva dell’organico) sono utilizzati dal 22,6% delle imprese associate appartenenti ai settori manifatturiero, costruzioni e materiali da costruzione, trasporti e logistica, un dato in calo rispetto a quello registrato al 31/12/2012 che raggiungeva il 26,8%. Le imprese associate del comparto artigianato, commercio, servizi all’industria ed altri settori che invece ricorrono alla Cassa integrazione guadagni in deroga per crisi aziendale non implicante la cessazione dell’attività hanno raggiunto, sempre alla data del 9 settembre, il 4,7% contro l’1,9% del 31 dicembre 2012.
Conclusioni
“Permane nelle imprese – conclude Paniccia – un clima di sfiducia verso il sistema Paese e le sue stesse istituzioni. Se non si ridurranno con coraggio e in maniera forte la spesa pubblica corrente, fiscalità e burocrazia è improbabile che l’economia italiana e locale ritorni a crescere a tassi paragonabili a quelli di principali competitori europei. Appare dunque improbabile, vista la previsione di ritornare al PIL del 2007, al netto dell’inflazione, solo nel 2024 e, anche difficile pensare che in quest’ultimo periodo del 2013 le imprese possano riacquisire fiducia e riprendere a investire ed assumere personale”.