Un ruolo sempre più importante del dialogo
con i genitori. Ma anche la necessità che le famiglie non alzino
un muro intorno agli episodi che hanno visto vittime i propri
figli, affinchè il confronto possa diventare motivo di
riflessione per evitare il ripetersi di situazioni negative.
Sono questi solo alcuni degli elementi emersi nel corso del
convegno svoltosi a Pordenone dal titolo “Bulli in rete, l’altra
faccia dei giovani”. Organizzato dal Comitato regionale per le
comunicazioni del Friuli Venezia Giulia, l’evento ha permesso di
avviare un confronto con i giovani e le loro famiglie sul
fenomeno del bullismo e del più moderno e tecnologico
cyberbullismo. Come ricordato in apertura dei lavori dal
presidente del Corecom Giovanni Marzini, l’iniziativa si svolge
proprio nella giornata in cui i tg nazionali hanno dato notizia
di un evento di disagio giovanile accaduto in Sardegna che ha
avuto come protagoniste due studentesse. “Convegni come quelli di
oggi – ha detto Marzini – consentono ad organismi come il nostro
di dare il proprio contributo al mondo della scuole e alle
famiglie per combattere una piaga dilagante”.
Il presidente del Consiglio Iacop ha ricordato come un fenomeno
sempre esistito, quello delle bravate tra i ragazzi, sia però
esploso poiché sono cambiati gli strumenti da loro utilizzati.
L’amplificazione del gesto attraverso i social media e la
tecnologia a loro disposizione trasforma ciò che prima si
risolveva con un rimprovero dei genitori o una punizione, in un
fatto mediatico e pubblico, a volte con risvolti drammatici.
Quindi Iacop, ed insieme a lui anche il garante regionale dei
diritti della persona Fabia Mellina Bares, ha evidenziato che la
Regione ha siglato un protocollo lo scorso mese di giugno insieme
al Corecom, il Garante per i diritti dei minori e la Commissione
Pari opportunità d’intesa con l’Ufficio scolastico regionale e la
Polizia postale. Il progetto, al quale hanno aderito circa 300
persone tra operatori della scuola, dei servizi e delle Forze
dell’ordine e che avrà la durata di tre anni, è quello di
promuovere il benessere complessivo dei ragazzi dentro e fuori la
scuola e, al contempo, di contrastare la sub cultura della
prevaricazione e prepotenza.
Dal canto suo il Questore di Pordenone Diego Buso ha ricordato la
delicatezza riguardante la pubblicazione in rete di immagini e
commenti, poiché – nonostante il diritto all’oblio – è difficile
rimuovere qualcosa quando entra nel mondo virtuale. Buoso ha
inoltre ribadito l’utilità dei corsi di comunicazione per
insegnare il modo corretto con cui utilizzare la rete per dare
risposte efficaci non solo ai minori vittime del bullismo ma
anche per mettere in guardia i potenziali carnefici.
Ad entrare nel tema del bullismo visto con gli occhi dei ragazzi
è stato Pablo Trincia, giornalista ed autore del programma che
andrà in onda a partire dalla fine del mese di novembre su Rai2 e
dal titolo “Mai più bullismo”. Come ha detto nel suo intervento,
il modo da lui scelto per trattare il tema nella trasmissione è
quello delle storie, vere, vissute da ragazzi vittime di episodi
di disagio giovanile “senza uno studio con dibattiti ed
opinionisti, ma realizzate on the road”. Il giornalista ha
spiegato che nel suo programma chiede alle vittime di documentare
e raccontare ciò che hanno subito, con l’intenzione di non dare
la caccia ai bulli ma per spiegare loro e ai compagni di classe
in modo diretto e aperto come questi atteggiamenti possano creare
situazioni di forte disagio. Quindi il suo messaggio conclusivo
lo ha rivolto ai genitori delle vittime, ricordando loro che le
barricate alzate intorno ai figli colpiti da episodi di bullismo
non fanno altro che peggiorare la situazione. “Le mamme e i papà
– ha suggerito – devono avere un atteggiamento positivo con i
propri figli, cercando di parlare di più con loro. Devono
spiegare che il cellulare o il computer sono come un coltello: se
usato male, invece di tagliare può uccidere”.
Il dirigente del compartimento Polizia postale del Friuli Venezia
Giulia Alessandra Belardini ha evidenziato come, a fronte di
un’immersione totale dei giovani nella rete, il compito delle
Forze dell’ordine debba essere quello si creare per loro il
giusto contenitore dove questa immersione possa avvenire in
sicurezza. Quindi ha ricordato come anche i semplici like sui
social media possano diventare una offesa così come un commento e
una condivisione in rete di contenuti postati da altri,
attraverso lo strumento dell’amplificazione di un messaggio.
Al convegno hanno partecipato anche il presidente del Corecom
della Basilicata Giuditta Lamorte e il dirigente dell’Ufficio
scolastico regionale Pietro Biasiol.