Trovo questo atto altamente liberatorio.
Sono seduta nel mio salotto, sottofondo dalla TV di violini oxfordiani e bevo un Gin&Tonic, non un bicchiere di bianco dei colli locali. C’è una forma di libertá d’espressione nell’essere seduta
qui dopo una cena che mantengo ad orari italiani e poter dire a te lettore che te ne stai a 2000 km di distanza, che non sopporto i miei vicini autoctoni. Se mi guardo attorno mi domando cosa
sia rimasta di quell’attrazione che m’ha spinta a trasferirmi oltre dieci anni fa. Non bevo té ora né lo bevevo allora. Eppure, Albione ha sempre avuto un’aura di misticismo, per me. I ricordi
che avevo erano dei suoi prati verdi d’un verde che vedi solo qui, l’aria intrisa di una cacofonia di odori pagani ed orientali. Di donnine gentili, di poltrone di chintz, di ritratti della Regina. Alla
fine degli anni ottanta, la Gran Bretagna era una terra di opportunitá, di possibilitá, di sogni avverabili. Una sorta di America per noi poveracci che non potevamo volare. Gustare frittura
mista e patatine intinte nell’aceto ed arrotolate nel giornale, mentre ascoltavo i The Cure nel fido walkman camminando da sola per le vie di Bath o Cardiff o Londra a neanche vent’anni era
impagabile.
Poi un giorno il sogno che vivevo è terminato e sono rientrata in Friuli, una terra che neanche conoscevo piú. E da quel giorno, ogni anno per 20 anni, mi sono ripromessa che sarei tornata.
Quando ho rimesso piede nell’agosto del 2008 la frittura mista si è tramutata in platessa, persa in un contenitore di plastica e coperta da patatine giganti e spesso poco cotte. Il verde di quei
verdi che vedevi solo qui è stato sostituito da file di casette senza anima corredate da tappeti elastici pieni di bimbi iper agitati che saltano e saltano e saltano. La lingua è sconosciuta, la
musica è cambiata, nessuno legge e non piove neanche piú.
I miei sogni che avevo riposto cosí attentamente in valigia sono ancora lí, persi tra francobolli ed avvertimenti. Le Doc Martens son state sostituite da pattine per poter camminare a passo
felpato sulle uova. Qui non si puó dire nulla, non si puó commentare, non sí puó suggerire perché tutti soffrono di qualcosa di arcano definito solo da sigle e sono dunque protetti perché
anche il protettore deve sentirsi indispensabile. Mi muovo tra avvertimenti allergenici ovvi e
palesi (attenzione alla bottiglia del latte perché contiene latte) e la totale mancanza di controllo dall’altra: io lavoro come libera professionista e mai uno che abbia controllato cosa faccio. Pare di giocare a flipper tra specchi magici. Quello che vedo fuori casa oggi l’ho giá visto in un film d’avanguardia ma l’ho visto pure ieri e so che lo vedró anche domani. Vivo al nord in perenne
deja vu, in una terra che s’aspetta di tutto: aiuto, supporto, offerte, regali, elemosina ed ogni occasione è buona per una raccolta fondi. Questa è una nazione fondata sui ricordi dei bei tempi che furono quando gli Oasis ancora cantavano e Lady D sorrideva; una nazione in Adidas e parka, fondata sulle offerte, il cui futuro è scandito dalla celebrazione del passato.
E dunque sí, a te che leggi e sei seduto lí, io lo posso proprio dire: non mi piacciono i miei vicini.