Sulle questioni relative
all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, Fabia
Mellina Bares e Walter Citti, dell’Ufficio del Garante regionale
per i diritti della persona, hanno incontrato il prefetto di
Udine Delfina Raimondo, il direttore della Caritas di Gorizia don
Paolo Luigi Zuttion e lo staff dei volontari del dormitorio di
piazza Tommaseo.
Dopo una serie di sopralluoghi è stato possibile rilevare che,
nonostante gli sforzi messi in atto con la messa a disposizione a
Udine da parte del demanio militare della caserma Cavarzerani per
l’allestimento di una provvisoria tendopoli, sono ancora privi di
condizioni minime di accoglienza diverse decine di persone. La
realtà di Gorizia è ancora più preoccupante, con la presenza di
almeno un centinaio di richiedenti asilo non inclusi nelle
strutture ufficiali di prima accoglienza, che possono contare
solo in parte sugli interventi di accoglienza notturna messi a
disposizione dalla locale Caritas.
Mellina Bares e Citti ricordano che le istituzioni italiane hanno
l’obbligo giuridico di assicurare a ogni richiedente protezione
internazionale privo di mezzi condizioni di accoglienza che ne
assicurino il sostentamento e ne tutelino la salute fisica e
mentale, con particolare riferimento a coloro che abbiano
esigenze particolari in relazione a situazioni di vulnerabilità,
tra cui i minori stranieri non accompagnati.
Proprio riguardo alla situazione dei minori stranieri non
accompagnati, evidenziano con preoccupazione l’esaurimento dei
posti a disposizione presso le strutture di accoglienza
appositamente finanziate, situazione che li pone al rischio di
essere “parcheggiati” in strutture non idonee, non distinte da
quelle per gli adulti, inadeguate ad assicurare non solo un
adeguato ricovero, vitto e un primo screening sanitario, ma anche
le procedure di identificazione e di accertamento dell’età,
un’adeguata informativa sulle protezione internazionale, la
nomina di un tutore, anche per verificare la presenza di
familiari in Italia o in altri Paesi dell’UE per l’eventuale
ricongiungimento.
Senza voler sminuire la forte crescita del numero dei richiedenti
protezione internazionale in Italia nel corso dell’ultimo anno e,
in particolare, degli ultimi sei mesi (+83% rispetto al medesimo
periodo del 2014), determinata dall’accentuarsi dei flussi
attraverso le rotte mediterreanea e balcanica, quest’ultima che
maggiormente interessa la nostra regione, i Garanti sottolineano
come l’Italia si collochi, tra i Paesi dell’Ue, in una fascia
mediana per quanto con concerne il rapporto tra numero di
richiedenti asilo e numero complessivo di abitanti: 1.063 su 1
milione di abitanti nel 2014, rispetto ad esempio ai 8.432 della
Svezia, 3.299 dell’Austria, 2.511 della Germania (dati
Commissione europea maggio 2015). Per quanto concerne le
statistiche relative al primo quadrimestre del 2015, l’Italia si
trova al terzo posto tra i 28 Paesi Ue per numero di nuovi
richiedenti asilo in assoluto, ma all’undicesimo per numero di
nuovi richiedenti in rapporto alla popolazione complessiva.
Di conseguenza, le precarie e insufficienti condizioni di
accoglienza dei richiedenti asilo non possono essere spiegate
soltanto con il forte incremento delle istanze e dei flussi,
quanto anche con l’insufficiente e farraginosa programmazione
delle politiche pubbliche, condizionata da eccessiva
strumentalizzazione politica e allarmismo mediatico.
Apprezzamento viene espresso per l’intensificarsi degli sforzi
congiunti tra autorità nazionali e regionali, ambiti di zona,
enti locali e associazioni di volontariato per assicurare in
tempi rapidi l’allestimento di nuovi centri temporanei,
funzionali alla prima accoglienza e identificazione per un
successivo trasferimento in altri luoghi atti a assicurare
condizioni di accoglienza maggiormente funzionali a obiettivi di
inclusione sociale sulla base di un piano di accoglienza diffusa
e decentrata sul territorio.
L’auspicio è che ai richiedenti protezione internazionale tuttora
privi di sistemazione vengano assicurate condizioni minime di
prima accoglienza che li sottraggano a situazioni di abbandono e
di senza fissa dimora che possano mettere a repentaglio la loro
sicurezza e salute, così come accrescere l’allarme sociale e i
sentimenti di rigetto e pregiudizio tra la popolazione locale.