
Finanziamento Ssn: un puzzle che rischia di penalizzare equità ed efficaciaGli aspetti che necessiterebbero rapida revisione Tra le necessità modelli di revisione dei vincoli di destinazione e dei pesi per la stima dei differenziali di fabbisogno; maggiore trasparenza nei criteri di allocazione delle risorse regionali; allocazioni mirate per riequilibrare il rapporto tra sanità ospedaliera e territoriale. Finanziamento (e riparto delle somme) del Servizio sanitario nazionale: i vincoli finanziari rispetto ai fabbisogni reali tra il 2019 e il 2023 hanno segnato la strada.il vincolo economico ha prevalso sulle necessità sanitarie, scaricando sulle Regioni e sulle Aziende Sanitarie l’onere di coniugare bisogni e risorse insufficienti; il riparto fra le Regioni si basa su criteri in larga parte fermi al 2011, senza considerare l’evoluzione demografica e tecnologica: il risultato del riparto regionale è quindi poco equo; basti dire che il sistema di perequazione redistribuisce solo il 40% delle risorse necessarie per colmare le differenze di spesa privata tra le Regioni.Il Ssn ha bisogno di maggiori risorse (secondo l’ultimo rapporto CREA tra i 20 e i 40 miliardi), ma la cattiva ripartizione di quelle a disposizione crea opacità nella gestione delle risorse e penalizza la sanità territoriale (finanziamento in larga misura a “residuo”, come si evince anche dal continuo crescere delle risorse allocate direttamente agli ospedali).CREA Sanità, Federsanità-ANCI e Salutequità hanno fatto il punto sul finanziamento, condizione essenziale per garantire l’accesso alle prestazioni e, quindi, per realizzare le finalità equitative dell’intervento pubblico. Il finanziamento ha un ruolo cruciale anche nella generazione dei corretti incentivi al perseguimento dell’efficienza nella realizzazione delle attività del SSN: ruolo che si è rafforzato con gli interventi costituzionali che, dal 2001, hanno introdotto e sviluppato il federalismo, in particolare fiscale, nell’ordinamento italiano.L’analisi del livello nazionale ha affrontato 1) il tema della determinazione del Fabbisogno Sanitario Nazionale, 2) il processo di integrazione del FSN e determinazione delle risorse ripartibili, 3) la suddivisione del FSN in base alla priorità del SSN 4) i criteri di riparto alle Regioni; a seguire l’analisi del livello regionale, dopo avere descritto la struttura dei SSR, ha affrontato 5) il tema dell’accertamento delle risorse disponibili a livello regionale, 6) dei criteri di riparto intra-regionali, 7) la definizione delle risorse ripartibili alle Aziende e Enti regionali, 8) il riparto fra le Aziende, 9) le tempistiche degli interventi normativi regionali.Dallo studio emerge uno scostamento molto netto fra programmazione centrale e regionale: varie Regioni hanno adottato un set di criteri per definire le allocazioni molto più dettagliato di quello nazionale: a titolo di esempio, a fronte delle sei quote di allocazione nazionali delle risorse, il Piemonte ne adotta 11 per la Prevenzione, 5 per l’Ospedaliera, 11 per la Distrettuale, per un totale di 27, l’Emilia-Romagna ne adotta 3 per la Prevenzione, 1 per l’Ospedaliera, 9 per la Distrettuale, per un totale di 13.Ancor più variabile l’applicazione dei criteri per il riparto interno delle risorse: in Piemonte si contano 16 criteri aggiuntivi oltre quelli nazionali, in Emilia-Romagna 14, in Campania 5 e in Basilicata 4 in più.A livello regionale poi, c’è scarsa trasparenza sui criteri di allocazione e di accertamento delle risorse ripartibili localmente: ad esempio, solo poche Regioni esplicitamente considerano i saldi di mobilità, come anche le risorse provenienti dai Fondi per i farmaci innovativi, nel processo di determinazione delle risorse regionali.Analogamente, solo poche Regioni esplicitano i propri criteri di riparto fra le Aziende e, quelle che lo fanno, si discostano sensibilmente dalle indicazioni nazionali, sia in termini di vincoli di destinazione, quanto di criteri di allocazione. Il riparto regionale appare sempre più disordinato e basato su mediazioni politiche piuttosto che su criteri oggettivi.Il finanziamento per l’assistenza distrettuale varia tra le regioni sia in termini di percentuali assegnate che di criteri di riparto. Alcune regioni, come Emilia-Romagna e Valle d’Aosta, hanno percentuali leggermente inferiori rispetto alla media nazionale (pari al 50,5%); mentre altre, come Campania e Puglia, mantengono la media nazionale del 51%. I criteri di riparto includono suddivisioni dettagliate in sub-livelli come medicina generale, assistenza farmaceutica, specialistica ambulatoriale, salute mentale, dipendenze patologiche, assistenza domiciliare e altre funzioni di assistenza distrettuale. Regioni come Piemonte, Emilia-Romagna e Campania adottano criteri molto dettagliati per la suddivisione delle risorse, influenzando il finanziamento per l’assistenza distrettuale.Per quanto concerne il finanziamento indistinto alcune Regioni hanno visto incrementato, nel periodo 2019-2022, il finanziamento, come le Provincie Autonome di Trento e Bolzano, Emilia-Romagna e Veneto; le Regioni con i minori incrementi sono state: Calabria, Molise, Sicilia e Basilicata.Le Quote premiali si discostano completamente da quelle utilizzate per il finanziamento indistinto, esse vengono distribuite in base ad accordi pattuiti in sede di CSR, indipendentemente da criteri premiali. Nel Periodo 2019-2021, oltre il 60% dell’accantonamento viene distribuito tra la Regione Liguria e la Campania. Quote di riparto per AO/AOU/IRCCS – Alcune regioni hanno visto un incremento, come Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna. Altre regioni hanno visto una diminuzione, come Veneto, Liguria, Puglia e Calabria. Una delle evidenze significative emerse dalla ricerca pubblicata nel 2015 (riferita al finanziamento 2011 e 2012) è stata quella relativa alla frequente politica regionale di accentramento di una quota di risorse, ed è una novità rilevante intervenuta rispetto alla precedente ricerca dovuta all’introduzione della GSA prevista dal D.Lgs n. 118/2011, che ha permesso di razionalizzare e standardizzare la gestione contabile delle somme accentrate.La ricerca conferma che la trasparenza del processo rimane insufficiente, e che l’accountability delle Regioni in tema di finanziamento è da ritenersi fortemente variabile: questa ultima nota indica la direzione per futuri approfondimenti e, principalmente, evidenzia l’importanza di superare le analisi estemporanee, passando ad un monitoraggio (quindi continuo) dei processi oggetto della ricerca.Il ruolo dell’accountability nel finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è cruciale per garantire trasparenza, efficienza, equità e responsabilità nella distribuzione delle risorse. I principali aspetti del ruolo dell’accountability sono cinque: trasparenza, efficienza, equità, responsabilità e governance.Cosa serve? Tra l’altro e prioritariamente nuovi algoritmi di riparto, basati su evidenze oggettive e su indicatori aggiornati; maggiore trasparenza nei criteri di allocazione delle risorse regionali; investimenti mirati per riequilibrare il rapporto tra sanità ospedaliera e territoriale. Federico Spandonaro (Università di Roma Tor Vergata, C.R.E.A. Sanità)“L’analisi della regolamentazione del finanziamento del SSN e dei SSR è cruciale per comprendere l’evoluzione del federalismo e della gestione sanitaria regionale. Gran parte delle risorse regionali è destinata alla sanità, con il principio della legislazione concorrente e i piani di rientro che hanno rafforzato la responsabilizzazione finanziaria e la garanzia dei LEA. L’analisi del finanziamento è complessa e spesso carente a livello regionale, nonostante le scelte di allocazione abbiano un impatto strategico su equità ed efficienza. L’aggiornamento di una ricerca condotta la prima volta nel 2015, si è reso necessario anche a causa di modifiche normative, come il D.Lgs. 68/2011 sul fabbisogno sanitario e il D.Lgs. 118/2011 sulla Gestione Sanitaria Accentrata (GSA), che ha formalizzato l’accentramento delle risorse regionali. Inoltre, la creazione delle “Aziende Zero” ha modificato la gestione delle funzioni centrali e della GSA. Il nuovo studio analizza l’intero processo di finanziamento, dal livello nazionale a quello regionale, considerando la determinazione del FSN, la sua suddivisione, il riparto alle Regioni e la distribuzione intra-regionale. L’analisi copre un quinquennio partendo dal 2019. La metodologia prevede prima un’analisi qualitativa, poi una quantificazione dei flussi finanziari e infine una sintesi dei risultati. La ricerca conferma che la trasparenza del finanziamento sanitario è insufficiente e che l’accountability regionale è variabile. L’obiettivo futuro è superare le analisi occasionali e avviare un monitoraggio continuo per garantire una gestione più equa ed efficiente delle risorse sanitarie”. Fabrizio d’Alba (Pres. Federsanità, Dir. Gen. Policlinico Umberto I – Roma)“Il PNRR è vicino al completamento nella creazione di strutture territoriali e nell’implementazione di tecnologie per la gestione remota del paziente, ponendo le basi per l’attuazione del DM 77. Gli investimenti in conto capitale sono stati coerenti con la visione della sanità territoriale, ma ora serve garantire coerenza anche nell’allocazione delle risorse correnti per rendere pienamente operative le nuove strutture.Nonostante si parli da anni di spostare attività dall’ospedale al territorio, la ripartizione del FSN non è stata modificata dal 2011, mantenendo invariati i finanziamenti tra assistenza distrettuale, ospedaliera e prevenzione. Dopo il 2026, sarà necessario rivedere questa distribuzione per sostenere il nuovo modello di assistenza. Le scelte allocative influenzano direttamente la politica sanitaria, determinando la capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini. Il tema dei LEA si lega alla sostenibilità del FSN, che difficilmente potrà essere incrementato, rendendo necessaria una revisione delle prestazioni incluse, delle forme di compartecipazione alla spesa e del ruolo dei fondi sanitari integrativi. La disomogeneità nella ripartizione del FSN tra le Regioni e nei sistemi di finanziamento delle Aziende Sanitarie evidenzia differenze nella gestione delle risorse. Alcune Regioni hanno modificato la storica ripartizione del 2011, utilizzando la GSA (gestione sanitaria accentrata) come leva per rafforzare specifiche attività. Infine, le disparità nei bilanci aziendali sollevano dubbi sulla loro capacità di valutare la gestione economica delle aziende e alimentano giudizi semplicistici che ostacolano una partecipazione costruttiva alla programmazione sanitaria”. Tonino Aceti (presidente Salutequità)“Non è più rinviabile la definizione di una metodologia di calcolo del fabbisogno sanitario standard, in grado di superare concretamente lo «storico» e la sola «negoziazione politica» passando a criteri più oggettivi e aggiornati, come i Lea, il tasso rinuncia alle cure e di povertà, le caratteristiche della popolazione, l’epidemiologia, l’innovazione tecnologica, personale e infrastrutture adeguati, standard organizzativi/strutturali/tecnologici, mobilità sanitaria, caratteristiche orografiche del territorio. Il finanziamento del Ssn deve essere agganciato a una strategia pluriennale per la salute e il rafforzamento del Ssn, attraverso la definizione e l’approvazione di un nuovo Piano Sanitario Nazionale, che manca da circa 15 anni, da adottare però con una procedura più “forte” rispetto a quella prevista nel 2006.Si devono modificare i criteri di riparto del Fondo Sanitario, dando più peso alla deprivazione sociale e quelli della quota premiale, passando dalla negoziazione tra Regioni a criteri trasparenti, obiettivi, vincolanti e attuali. E ancora, passare da un sistema di pagamento per prestazione a uno che finanzi percorsi terapeutici e i loro risultati di salute superando il silos budget e mettendo al centro il valore delle cure. Poi, semplificare l’accesso ai fondi per l’edilizia sanitaria e incentivare la ricerca e l’innovazione per rendere il Ssn più efficace e sostenibile a lungo termine”. |