In Friuli Venezia Giulia sono in crescita le esperienze di co-housing, su cui anche il Pnrr ha stanziato appositi fondi. La dimensione collettiva, spiegano dall’Ordine degli psicologi del Fvg il presidente Roberto Calvani e il consigliere Giovanni Ottoboni, offre numerosi benefici fisici e psicologi agli anziani. Le esperienze in regione lo dimostrano: è alto il grado di soddisfazione registrato.
Da Udine a San Canzian d’Isonzo, da Pordenone a Trieste: in crescita le esperienze di co-housing in Friuli-Venezia Giulia. E il Pnrr stanzia risorse per la riconversione delle Rsa.
Condividere spazi ed esperienze, dividersi le spese e tenersi compagnia. Sono alcuni dei benefici del co-housing, che anche in Friuli-Venezia Giulia è in crescita, soprattutto tra quelle persone che rischiano di ritrovarsi sole nel momento della vita in cui hanno più bisogno di aiuto: gli anziani. “Sono numerosi gli studi che attestano come il co-housing porti agli anziani benefici fisici e psicologici: abitare in modo condiviso consente di vivere più felici e più a lungo” dicono Roberto Calvani, presidente dell’Ordine degli Psicologi del FVG e Giovanni Ottoboni, consigliere e referente del Gruppo Anziani: “Persone di diversa estrazione, ognuna con il suo percorso di vita, decidono di abitare assieme e condividere spazi e momenti sociali. In regione vi sono esperienze molto interessanti, nelle quali si registrano alti gradi di soddisfazione. Penso per esempio a casi di cohousing in cui convivono tra loro persone con demenza, come le esperienze di co-housing portate avanti dall’Associazione Demaison di Udine. Oppure a esempi di riqualificazione territoriale, per dar modo ad anziani che vivono con fragilità non disabilitanti di poter contare l’uno sull’altro tanto quanto su operatori specializzati e presenti per lunga parte della giornata, come il “Cortile Solidale” di San Canzian D’Isonzo. O ancora all’esperienza pordenonese di Casa Egidio, a “Casa Blu” di Trieste, a “Casa Possibile” di Santa Lucia di Budoia”.
Nel complesso, l’80% degli anziani vive in case inadatte ai propri bisogni, ma solo 6 su 10 non sono disposti a muoversi in abitazioni più adatte. “Nei casi di necessità, la coabitazione rappresenta una possibilità concreta per garantire elevati livelli di qualità di vita – proseguono Calvani ed Ottoboni. Occorre però che se ne parli, che, psicologicamente, le persone inizino a programmare anche ciò che appare lontano. Un fattore importante la condivisione: anche quanto la famiglia è presente, la possibilità di mantenere validi livelli di autonomia all’interno di un contesto sicuro e confortevole va discussa alla luce dei bisogni e dei desiderata di tutti gli attori in campo, persone anziane, familiari, servizi. Senza un chiaro progetto condiviso – conclude Ottoboni – anche le più buone intenzioni finiscono per naufragare”.