«Mancanza di lungimiranza da parte della direzione precedente (da 360 mila euro anno) e in parte attuale. In regione, dopo tre anni, è stato bandito un concorso per infermieri. La graduatoria a tempo determinato per infermiere all’epoca di Paolo Bordon offriva all’inizio soltanto 6 mesi di contratto poco allettante. Molti, infatti, rifiutavano. Poi si è passati a un anno e in poco tempo è andata a esaurirsi. Adesso siamo a piedi: c’è un avviso a tempo determinato che è in alto mare. Si ricorre a internali con contratti sino ad agosto, visto che l’agenzia Talea scade in piena estate. Quindi nessuno degli infermieri accetta un contratto sino ad agosto, quando le cooperative assumono a tempo indeterminato». Lo sostiene Gianluca Altavilla, segretario provinciale del Nursind, dopo che è stato annunciato l’arrivo di nove medici negli ospedali dell’Azienda sanitaria 5 di Pordenone e due al Cro di Aviano. «I manager da 120 mila euro anno dovevano pianificare interventi di assunzione e non ridursi all’ultimo minuto – prosegue -. Cosa ce ne facciamo di un chirurgo vascolare, se non ci sono infermieri in sala operatoria e in reparto? A fare più rabbia sono i politici, che, in tempo di elezioni, fanno promesse di assunzione e se ne vedono i risultati: un concorso dopo tre anni». Il sindacato mette in evidenza che «la situazione in provincia è allarmante su molti fronti. In rianimazione a Pordenone dovrebbero esserci 5 infermieri a turno, invece sono 4. In pronto soccorso, sempre a Pordenone, mancano due infermieri, in chirurgia vascolare sei infermieri e tre Oss. La situazione più a rischio è a Maniago e Spilimbergo, dove mancano tre infermieri. Insomma, è tutto un colabrodo. Le iniziative da intraprendere sono chiusura-accorpamento dei reparti in sofferenza. Per non parlare di reparti che lavorano al minimo del minimo, come la neurologia, con due infermieri per 24 posti letto». Virginia Carnelutto, segretaria aziendale della Fsi, denuncia anche «la carenza di tecnici di laboratorio e radiologia». Secondo uno studio pubblicato su pubblicato su BMJ Open e condotto in alcuni ospedali inglesi da Peter Griffith, del National Institute for Health Research Collaboration for Leadership in Applied Health Research and Care (Gran Bretagna), il rapporto ideale infermieri-pazienti è di uno a sei (o meno). «Il messaggio di fondo – conclude Altavilla- è che un minor carico di pazienti per singolo infermiere si traduce in un’ importante riduzione di mortalità, quantificata in un meno 20 per cento (abbassando da 10 a 6 il numero di pazienti affidati a un singolo infermiere). Altre ricerche avevano già evidenziato che il rapporto numerico infermiere-pazienti ha peso sui risultati clinici. A Pordenone, siamo sull’ordine di un infermiere ogni per 12/14 pazienti».