Il presidente della Provincia di Pordenone si affida anche ai social network per manifestare le sue perplessità riguardo le politiche territoriali ed i rapporti tra le amministrazioni locali e centrali. Ecco il suo pensiero:
“Pordenone e la sua provincia rischiano seriamente di non esistere più come entità economiche e sociali.
È giunta l’ora di aprire una nuova “vertenza Pordenone” : un’assunzione di responsabilità corale da parte della politica e delle categorie (imprese, sindacati, corpi intermedi) per mettere nero su bianco la ricetta da varare per salvare il territorio. Non basta assistere piangenti alla chiusura delle imprese, alla perdita dell’ospedale, al sotto finanziamento regionale in ogni settore pubblico (dalla sanità ai trasporti), alla cancellazione della Provincia ma occorre decidere la strada da imboccare. Il soffocamento delle aziende non dipende e non verrà fermato da nuove politiche per il lavoro ma da nuove politiche economiche e sociali che creino lavoro e sviluppo, due fattori che non esistono praticamente più.
Occorre aprire un negoziato per Pordenone con la Regione e con il governo centrale.
Quando gli imprenditori spronano ad atti di coraggio politico hanno ragione ma occorre una voce sola di tutto il territorio per dire allo Stato che la politica di cieco rigore dettata dall’Europa ci sta uccidendo. Che il rispetto dei parametri di Bruxelles potranno far piacere a Letta che incassa l’interessato plauso di Obama ma non servono alla gente comune, non servono agli artigiani, agli industriali, alle famiglie che si stanno chiedendo dove cavolo siano gli effetti di una strombazzata quanto fantomatica ripresa.
Occorre dire al governo che questa regione ha bisogno di regole speciali perché affronta tre concorrenze spietate: quella globale dei paesi come la Cina, quella di prossimità – che altri sentono molto meno di noi – come quella della Austria, Serbia, Slovenia e altri paesi dell’est Europa che offrono forza lavoro a basso costo e sistemi fiscali vantaggiosi. Su tutto, poi, la terza concorrenza, quella interna: la lotta quotidiana contro uno Stato rapace e nemico, che fa pagare tasse insostenibili, non garantisce energia a costi competitivi, ha una burocrazia spaventosa e non ha coraggio di tagliare spese improduttive in ogni settore per mettere un po’ di soldi nelle tasche dei cittadini.
A che serve dare oggi un po’ di soldi ad aziende straniere senza scrupoli per farle restare ancora qualche anno se poi migliaia di imprenditori scappano oltre confine perché non sopportano più il loro Paese e portano via con loro le speranze di una rinascita economica locale?
La Regione, dal canto suo, deve dimagrire e fare scelte precise su come e dove mettere i denari perché in questi mesi – dobbiamo essere sinceri – ha solo fatto promesse e annunci ma cose concrete zero. Ha addirittura sospeso per mesi gli incentivi all’occupazione e si balocca nella riforma delle Province: una battaglia inutile, ormai evidente a tutti essere una porcheria che non comporterà risparmi nè efficienza. Anzi, accanto alla desertificazione economica avremo anche la perdita della nostra identità territoriale.
A cosa ci serve una Regione che vuole fare tutto, con migliaia di dipendenti e enti, agenzie spesso inefficaci sparse dovunque, che invade ogni spazio amministrativo che andrebbe riservato agli enti locali fino al punto di erogare spiccioli per associazioni, fontane, sagrati, feste e che dovrebbe invece focalizzarsi esclusivamente su suo core business: sanità ed economia. Una Regione che deve dire oggi, subito, come intende garantire a Pordenone ciò che gli spetta da tempo e non minacciare di andare a prendere per il collo i fondi finanziari che chiudono Ideal Standard sapendo che non ne ha il coraggio e la forza.
Una critica che vale per questo come per i precedenti governi regionali anche se il protagonismo mediatico della Serracchiani imporrebbe di domandarsi se la donna ha sostanza oltre che forma, se non debba stare più tra gli amministratori di ogni colore e meno negli studi televisivi. Patetico e irritante è assistere alle critiche contro i governi nazionali degli ultimi anni: prima erano tutti ad applaudirli e a tessere le lodi dei taumaturghi delle larghe intese. Spiegassero perché ogni anno l’Italia deve versare la cifra mostruosa di 11 miliardi al fondo salva stati europeo che dal 2014 diventeranno 14: somme incredibili che permetterebbero al Paese di risollevarsi e che invece restano bloccate per i giochi dei tecnocrati europei.
È a quel livello che dobbiamo arrivare, lì va fatta la battaglia.
I nostri parlamentari sono pronti a dire – senza distinzioni di partito – che Zanonato ci ha tradito, che il governo non ci aiuta e che la Legge di Stabilità è talmente penosa da imporre le dimissioni se uno l’ha votata senza fiatare? Per questo intendo convocare nei prossimi giorni un Consiglio Provinciale aperto: apriamo la casa della politica intesa come casa dei cittadini per raccogliere informazioni, confrontarci e anche scontrarci, se serve, e stilare una piattaforma chiara e precisa. Partiamo dalle rivendicazioni giuste e non pretestuose verso la Regione, continuiamo con quelle da presentare a chi sta a Roma e vediamo anche di definire le debolezze nostre, quelle degli enti locali e delle categorie.
Ora o sarà troppo tardi”.