Sebbene i miei articoli di solito vertano su tematiche legate all’ambito calcistico, quest’oggi non posso fare a meno di condividere con voi uno spiacevole fatto di attualità legato alla nostra regione, che mi ha profondamente toccato e spero possa essere anche per voi un’opportunità di riflessione. Stamattina, mentre aspetto l’inizio della mia consueta lezione universitaria online, apro Facebook quasi per caso e vengo catturato da un lungo e sentito post, che recita:
“La mascherina.
Prima o poi doveva succedere…
la mascherina è diventata ahimè il nuovo modo per discriminare le persone. Sapete quanto sia mortificante essere sbattuti fuori da un negozio perché tuo figlio disabile non indossa la mascherina? Lo è molto. Non l’indossa perché è un giovane spavaldo che va consapevolmente contro le regole? No. È un giovane diverso che non porta la mascherina perché gli provoca fastidio, fastidio fisico che grazie a Dio noi non proviamo perché siamo in questo più fortunati non abbiamo problemi sensoriali che si impongono nel nostro modo di percepire l’ambiente. Non riesce a tenerla sul volto e la legge è dalla sua parte, per cui è esente.
Oggi abbiamo toccato amaramente il fondo.
Abbiamo avuto già brutte esperienze in alcuni supermercati che non frequentiamo più, ma oggi siamo stati letteralmente buttati fuori da un negozio del nostro territorio perché lui non indossava la mascherina. Ho cercato di spiegare e giustificare i termini di legge, ma niente. Ho sperato che tutto quello che ha toccato tutti in questi mesi avesse fatto capire alla gente il senso di solidarietà che non è il dare, ma è l’agire contro le ingiustizie; soprattutto pensare con la forma di empatia più’ importante, quella di mettersi nei panni degli altri.”
Profondamente toccato, decido di approfondire la questione e attraverso un amico, vengo a conoscenza dello sconcertante episodio accaduto di recente ad una mamma e a suo figlio, letteralmente cacciati da un negozio del loro territorio perché non indossavano la mascherina. Il fatto appena introdotto, a mio parere, mette in luce alcuni problemi di carattere umanitario caratterizzanti la nostra società, a dimostrazione che anche in questo preciso momento storico – già così complicato di per sé – il problema più grosso rimane la mancanza di solidarietà e di empatia verso l’altro. Non sorprendetevi, dunque, se l’ espressione “Homo homini lupus”, introdotta dal filosofo inglese Thomas Hobbes nel XVII secolo è ancora così contemporanea, perchè qui è proprio di questo che si parla: l’essere umano è tutt’oggi estremamente egoista e timoroso nei confronti dell’ altro.
Va anzitutto precisato che il nuovo Dpcm riguardante l’uso corretto della mascherina, entrato in vigore lo scorso 9 ottobre, sentenzia insindacabilmente che i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l’utilizzo della stessa siano esentati da tale condizione. Il medesimo principio vale anche per i caregivers dei portatori di tali handicap. Ne consegue pertanto che il ragazzo, affetto da una grave forma di autismo e la madre, nell’occasione in vesti di accompagnatrice, non stavano commettendo alcun tipo di infrazione.
Appurata tale condizione non ho potuto dunque esimermi dal contattare personalmente la donna, che con grande amarezza, ma immensa dignità, mi specifica di aver provato ripetutamente a spiegare la situazione al titolare del negozio. Quest’ultimo però non ne ha voluto sapere e con tono irritato ha affermato – “Signora, suo figlio non ha mica sei anni, la mascherina la può tenere!”– cacciando i due al di fuori dello stabile. Questa affermazione totalmente priva di senso è emblematica del fatto che la gravità di questa vicenda riguarda soprattutto gli aspetti etici e morali, più che quelli legali.
Caro negoziante, tutti noi siamo consci della difficoltà vissuta dal vostro settore di questi tempi, ma se prima di sparare superficiali sentenze prive di fondamento lei si informasse – quantomeno a grandi linee – sui deficit percettivo-sensoriali che affliggono le persone affette da disturbi dello spettro autistico, a mio parere sarebbe meglio per tutti. Lo stesso principio si applica per tutti i leoni da tastiera, che in queste ore si stanno scagliando contro la donna, convinti che la disabilità sia una forma di agio, ma evidentemente del tutto ignari delle difficoltà che ogni forma di deficit (fisico o cognitivo che sia) comporta nella vita di tutti i giorni, sia per chi lo vive, sia per chi sta vicino. Se non mi credete fatevelo pure raccontare direttamente da questa madre coraggiosa, che trascorre la totalità della sua giornata prendendosi cura del figlio e che si è addirittura riseduta su un banco scolastico, al fine di accompagnarlo nel percorso formativo. La sua risposta all’enormità di nefandezze dette in merito alla questione rimarca ulteriormente la dignità e l’integrità personale di cui è portatrice:
“Non ho volutamente specificato il luogo, in primis per non recare danno, secondo perché purtroppo non è l’unico posto dove ho avuto problemi a Remanzacco. Quella di ieri è stata la situazione peggiore e più frustrante, per questo l’ho segnalata immediatamente al comune, il quale con estrema gentilezza mi ha rassicurato che oggi stesso avrebbe provveduto a chiarire. Non sono qua a denunciare i commercianti, ma bensì a chiedere buonsenso da parte di tutti. La paura non fa bene, la salute delle persone va tutelata anche la nostra. Io non voglio accanirmi, voglio muovermi in termini di legge: come i bambini sotto i 6 anni non vengono buttati fuori dai negozi, tantomeno noi non vogliamo esserlo. Andare a fare la spesa per noi è una necessità.. e il più delle volte non abbiamo nessuno a cui affidarli. Mi spiace. Chiedo a tutti buonsenso e correttezza. Grazie.”– tradotto: non denuncio, non accuso, non punto il dito, non mi accanisco, chiedo solo un po’ di comprensione.
E’ evidente dunque che, anche di questi tempi, caratterizzati perlopiù da gel, mascherine, tamponi, guanti in lattice e via dicendo, il problema di più grave entità rimane l’assenza di solidarietà nei confronti dell’altro, specialmente se si tratta dei più svantaggiati, aspetto questo talmente preponderante da superare quello legato al distanziamento sociale. Che dire, magari tutti potessimo avere almeno l’ 1% della dignità e del coraggio della signora Maria.
Samuele Marcon