Riaffermare il legame tra l’Università del Friuli e il territorio per sostenere, attraverso una sua espressione di punta qual è l’Ateneo voluto fortemente dalla comunità, l’identità friulana oggi fortemente messa in discussione. E’ la necessità emersa oggi nel corso dell’incontro con i firmatari del Patto Università- Territori del 2008 convocato dal presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini preoccupato per la chiusura di Dipartimenti come il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura (Dica) e il Dipartimento di Tutela dei beni culturali, eredi diretti della ricostruzione post-terremoto e molto orientati proprio a quel territorio a cui l’Università del Friuli deve la sua nascita. “L’Università è del territorio e con esso deve dialogare. E, in funzione delle decisioni assunte dall’ateneo, – ha esordito Fontanini ricordando i punti salienti del patto – abbiamo l’obbligo di capire quali saranno le prospettive della nostra Università per il futuro del nostro Friuli, terra già destinata, per effetto della riforma degli Enti locali, a essere schiacciata da Trieste”. A dare una spiegazione della razionalizzazione, Paolo Petiziol membro del consiglio d’amministrazione dell’Università di Udine. Intervenuto alla riunione a titolo personale, ha indicato in una complessiva riorganizzazione dell’ateneo per eliminare disecomonie, la nuova architettura dei dipartimenti anche quelli per i quali Fontanini e il professor Sandro Fabbro, coordinatore del patto, hanno manifestato forte preoccupazione. Petiziol non ha escluso una possibile ulteriore riduzione di altri dipartimenti e ha assicurato il suo impegno a vigilare affinchè percorsi, progetti, attività sviluppate che fanno riferimento al territorio e che stanno a cuore al Friuli non vengano annacquate o disperse. Ha lanciato anche l’idea di un comitato di sorveglianza del patto tra Università e territorio. Per capire fino in fondo strategie e motivazioni alla base delle decisioni dell’ateneo, sarà riconvocata una riunione d’intesa con il Magnifico Rettore il quale, invitato, aveva preannunciato l’assenza tramite lettera. Il professor Fabbro ha delineato i rischi conseguenti alla chiusura dei Dipartimenti: “Viene meno la missione fondativa di promuovere le scienze e le tecniche finalizzate alla sicurezza e alla qualità insediativa del territorio, senza le quali, non vi può neppure essere sviluppo civile, sociale, ed economico del Friuli. Ciò soprattutto in un momento in cui non vi sono né ragioni finanziarie (l’università intende investire 10 milioni nei prossimi anni) né altre particolari ragioni per la soppressione di queste strutture. Gli interessi del territorio friulano non potranno essere assicurati da docenti, seppure qualificati, dispersi in dipartimenti generalisti”. Alla chiamata del presidente Fontanini hanno risposto molteplici dei firmatari del patto, a partire dalle rappresentanze sindacali. Ferdinando Ceschia (Uil) e Roberto Muradore (Cisl) hanno sottolineato il preoccupante momento che sta attraversando il Friuli; di “aggressione al Friuli che, sparita la Provincia, diventa terra di conquista” ha parlato Ceschia nell’evidenziare anche come la società friulana stia reagendo a questi cambiamenti al sotto delle aspettative ed esortando l’Università a ricompattare il patto. “Il territorio sta male – ha detto Muradore – è questo il momento in cui l’Ateneo deve affiancare la comunità che lo ha fortemente voluto e lo ha sorretto, attraverso il patto, quando era in difficoltà, oltre a continuare ad essere protagonista del progresso culturale e sociale”. Silvana Schiavi Fachin per il Comitato 482 ha richiamato l’attenzione su altri tagli di dipartimenti come quello di italianistica e ha invocato una maggiore sensibilizzazione per le lingue minoritarie, friulano in primis per la formazione degli insegnanti e la realizzazione di strumenti applicativi di ricerca affinchè il friulano entri nelle scuole in modo rispondente alla richiesta delle famiglie. Sull’importanza e l’attualità del patto si è soffermato Mario Pittoni, all’epoca della sottoscrizione senatore che, proprio sulla spinta del patto, ha avviato poi a livello parlamentare un’azione legislativa verso una maggiore perequazione dei fondi per l’Università. Tra i firmatari del patto presenti, anche l’onorevole Ferruccio Saro. “Si possono fare razionalizzazioni all’interno di Università, fondere dipartimenti, fare accordi per eliminare doppioni, si può pensare a costruire collaborazioni con Università extraregionali, ma tutto ciò può avvenire se l’Università e il territorio hanno forza contrattuale, se nei negoziati si è in grado di incidere. La perdita di istituzioni rappresentative di aree compatte frammenta e indebolisce il Friuli. Se non scatta uno spirito identitario, una nuova consapevolezza nel popolo di quanto sta avvenendo e non si supera la rassegnazione, quello dei dipartimenti è solo un inizio. Nella divisione dei doppioni, Trieste o Padova avranno più forza”. L’ordine degli ingegneri rappresentato dal presidente Stefano Urbano ha sollecitato la creazione di un centro di ricerca interdipartimentale per raggruppare le professioni e le discipline significative per il territorio per non disperdere l’importante patrimonio culturale e scientifico ereditato dalla ricostruzione.
Presenti anche il presidente dell’Anci Fvg Mario Pezzetta che ha sottolineato come l’apporto dell’Università ai territori sia strategico. “Questa riunione – ha detto – deve cementare un’alleanza forte tra il territorio e l’Università affinchè quando va a trattare sia più autorevole”. Fondamentale, secondo l’onorevole Ivano Strizzolo, rigenerare il patto nei contenuti e nei soggetti coinvolti; monsignor Guido Genero per la Diocesi di Udine ha riconfermato l’attenzione nei confronti dell’intesa Università-Territori chiedendo momenti di verifica più serrati. Il consigliere regionale Riccardo Riccardi ha proposto una riflessione sulle conseguenze della soppressione dei dipartimenti in realzione all’esercizio delle competenze primarie della Regione Fvg in materie quali infrastruitture, lavori pubblici, edilizia e urbanistica sostenendo come si corre il rischio che venga a mancare la classe dirigente friulana che dovrà esercitare l’autonomia in quelle materie. Di debolezza generale del Friuli ha parlato il presidente della Fondazione Crup Lionello D’Agostini richiamando la necessità a una mobilitazione per rilanciare e sostenere l’identità friulana.
Erano presenti anche Beniamino Ceccarelli della Confapi Fvg, Graziano Tilatti presidente di Confartigianato Fvg, Eleonora Frattolin consigliera regionale del M5S, Giancarlo Castellarin del Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli, il notaio Marino Tremonti presidente del Comitato per l’università friulana, per la banca di Cividale il direttore Maurizio Gattesco, rappresentata anche Confcooperative Udine.