Valentino Vidotti, artista di profilo dalla seconda metà degli anni ottanta, ha affrontato nelle sue opere le tematiche della guerra in Afghanistan, della prima guerra mondiale,e dell’io che si misura con la sua solitudine. Se si scorre il ricco patrimonio di immagini che ci offre on line, si puo’ scoprire come,negli anni, si sia allontanato sempre di piu’ da un figurativo che gli apparteneva ,per giungere attraverso una ricerca geometrista, ad una sorta di espressione astratta, in una sintesi tra segni e colori che raccorda traccia e cromatismo. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto quali apporti giungono alla sua ricerca.Ci ha confidato di essere stato molto sorpreso dal pensiero della filosofa Donna Haraway, la pensatrice che ha fatta propria la tesi dei dualismi impossibili, richiamando a riflettere su una nuova lettura delle antinomie (maschio-femmina, mente -corpo, per esempio).Inoltre l’autore ritiene che questa stagione storica richieda il rifugio, ecco dunque il riparo in una figura dalla parvenza geometrica, ma non definita, insomma nè geometrica ne’ antigeometrica,una sorta di struttura liquida che si trasforma con lo sguardo.Poi , per altra analisi anche il suo studio ,lo spazio perimetrale entro il quale lavora,rappresenta una sorta di rifugio nel quale raggiungere quel pensiero di Lodovico Ariosto che scrisse “parva ma adapta mihi…piccola la casa, ma adatta a me .E cosi Valentino Vidotti si adatta al mondo e lo scruta dall’interno all’esterno,dalla sua “parva” Tarcento,silenziosa, nella quale una piccola stanza ascolta il fiume Torre e ne soppesa segni e colori.Vi offriamo queste immagini che sono terre …di nessuno…alle quali l’artista si aggrappa per continuare il percorso, senza limiti di guerre e di clamori. La pace del colore è con noi.
Vito Sutto