Musei provinciali di Gorizia, 1 Marzo, ore 17:30 inaugurazione della mostra “L’urlo del barco”.
Il Barco e il Mare. In mezzo, Dino, navigatore solitario. Un lungo percorso quello del pittore di Grado, affrontato perlopiù controvento e senza mai arrendersi. Affiorano così storie di Golfi e di Lagune, di Barchi e di mani nodose; storie scandagliate nei fondali marini e nelle profondità dello spirito. Storie di oggi e di ieri. Storie di sempre, uguali a molte altre già accadute o prossime a ripetersi ancora. Storie riportate in maniera scrupolosa così da immobilizzare, nella concretezza dei giorni che si rincorrono, l’attimo fuggente della vita.
Ogni quadro indica una sosta, una tappa intermedia del Barco nel suo “infinito viaggiare” – direbbe Claudio Magris. Viaggio che non è fuga, ma un calarsi dentro alla realtà. Come capita con il battesimo della nave, nel breve e lunghissimo minuto in cui questa scivola in acqua spinta dall’urlo delle sirene. Per il Barco-Uomo di Dino accade la medesima cosa. Solo che invece di sbocciare in un cantiere nautico l’imbarcazione prende corpo nell’intimità profonda del concepimento, destinando al grembo materno (sono parole di Dino Facchinetti) “il ruolo di Barco accogliente, protettivo e in dolce attesa”.
Dovrebbe essere sempre così nella vita di ogni individuo. Invece il Barco sembra perdere talvolta la sua nobile prerogativa, finendo per ridursi allo stato di una misera barchetta di carta, un guscio di cartone, un legno marcio colmo di dolore. Zattera traboccante di umanità piangente, risucchiata dal vortice di una violenza diabolica. Uomini indifesi, offerti in olocausto ad una Natura bieca ed estranea. Dove il naufragio ti tanti poveri cristi diventa il fallimento di tutti noi.
Dal Canale di Sicilia alle Filippine, passando per il Nilo, l’urlo acutissimo e disperato del Barco si leva nell’aria squarciando le nuvole come una folgore a ciel sereno. Il Barco tuona, sempre di più, nella speranza di farci riprendere la rotta smarrita. È la moderna Arca biblica entro cui riparano tutti gli esseri viventi del Pianeta, degni di proseguire il loro viaggio al sicuro dall’odierno diluvio. “Ogni civiltà – aggiunge Facchinetti – reclama il proprio Barco come presenza spirituale e fisica.
La prima entità vitale per un popolo: nel lavoro, nel sostentamento, nella crescita.” È davvero sempre così? La risposta spetta ai visitatori, interessanti al nuovo viaggio di Dino, in cammino con gli uomini. Uomini di tutti i giorni, quelli della porta accanto o che incrociamo per strada. Tutti stipati, assieme a noi, nella stessa identica barca. O meglio, come sottolinea l’urlo della mostra, nello stesso identico Barco.