L’urlo di Laocoonte fissato nel silenzio della pietra sintetizza il messaggio che quest’anno la mostra di Illgio vuole trasmetterci. Non è solo un urlo di dolore di un padre che capisce di non poter salvare i suoi figli, è anche l’urlo del sacrificio di un padre che dà la vita per i suoi figli, l’urlo di rabbia di un padre che difende fino alla morte i suoi figli ma è anche un urlo traboccante di amore.
Il percorso che la mostra “Padri e figli” ci invita a seguire si snoda attraverso quel ventaglio di legami che unisce un genitore alla sua prole e di stanza in stanza ci fa prendere coscienza di quanto forti questi possano essere. Ed ecco che incontriamo Ettore di Troia nell’ultimo saluto al piccolo Astianatte, Dedalo che fa le ultime raccomandazioni ad Icaro, Edipo che piange i figli, l’abbraccio del padre al figlio prodigo, Abramo che tira un sospiro di sollievo quando l’angelo gli ferma la mano che stava per uccidere Isacco, l’umiliazione di Priamo che chiede ad Achille il corpo di Ettore
Ma troviamo anche il rapporto inverso, cioè quel legame che unisce i figli al padre, come negli occhi rivolti al cielo di un Gesù Bambino che cerca lo sguardo del Padre Divino, l’abbandono di Telemaco tra le braccia di Ulisse , il piccolo Tobiolo che guarisce il padre Tobia, lo sguardo carico di una richiesta di aiuto dei figli prossimi alla morte al Conte Ugolino o l’innocenza del bimbo che gioca con le catene che imprigionano il padre.
E’ un percorso che si snoda anche nel nostro animo interiore quando riconosciamo nelle opere esposte i sentimenti che legano noi stessi ai nostri padri. Una visita che dura un paio d’ore accompagnata da valide guide che illustrano le singole opere non solo sotto un punto di vista storico e tecnico, ma che hanno l’abilità soprattutto a farle vivere attraverso le loro descrizioni: sono giovani studenti che riescono a trasmettere la loro passione e il loro amore per l’arte ai visitatori, e quando raccontano e spiegano i capolavori esposti con gli occhi che brillano e con la voce carica di emozione, dentro di me mi sento felice perchè capisco che l’arte ancora è viva!
Al termine della mia visita non ho potuto evitare di fare una sosta a “La Buteghe di Pierute” per incontrare la calda accoglienza della gente del paese tra un piatto di specialità carniche e un bicchiere di grappa in un locale che ancora ha il sapore delle cose di una volta.