Sono già oltre un migliaio i visitatori della mostra “La bottega del sacro di Tiburzio Donadon: il maestro e Giancarlo Magri, l’ultimo garzone”, allestita fino al 25 gennaio nel Convento di san Francesco in piazza della Motta a Pordenone per iniziativa del centro culturale Augusto del Noce con il patrocinio e sostegno di Comune, Provincia e fondazione Crup. A corredo dell’iniziativa che documenta cento anni di arte sacra a Pordenone, sono in programma anche due incontri di approfondimento.
Sabato 11 gennaio alle 17.30, nella saletta conferenze del Convento di San Francesco verrà presentato il corposo catalogo. All’incontro interverrà Gilberto Ganzer, direttore dei Civici Musei, che ripercorrerà le tappe fondamentali dell’arte sacra pordenonese, dal medioevo all’età contemporanea, mentre Luca Gianni e Laura Guaianuzzi, autori del libretto di racconti ambientati nel Friuli medievale Le sette lampade, discuteranno sul tema “Editoria, narrazione e disegno del sacro”. Sabato 18 gennaio, sempre alle 17.30, sarà invece la volta di un importante convegno su “Il cardinale Celso Costantini e l’arte sacra”, con interventi di Bruno Fabio Pighin e Alessandra Pitter.
La mostra diventa così occasione di approfondimento e di confronto sul tema del sacro, per far conoscere alle nuove generazioni il grande patrimonio artistico delle nostre terre e stimolare l’opera di nuovi artisti disposti a cimentarsi con la tematica religiosa. Proprio in questi giorni è stato ritrovato da Giancarlo Magri un importante libretto pubblicato nel 1909, in occasione dell’inaugurazione della chiesa di San Giovanni di Casarsa, progettata da Domenico Rupolo e affrescata da Tiburzio Donadon, definito nel testo, da Celso Costantini, “valente pittore”.
Nello stesso libretto Donadon scrive che nello studio di preparazione degli affreschi fu “guidato da un sincero sentimento religioso, perché ogni simbolo, ogni linea, ogni tinta nel loro motivo decorativo fossero esplicazione ne commento della fede e dell’alta idealità che avevano unito e sospinto alla costruzione di questo tempio, sì l’architetto, sì il popolo tutto di San Giovanni”. Una unità di intenti e una idealità che sarebbe importante recuperare anche oggi.