Danilo Callegari “Ad ottobre partirò per scalare l’Helbruss, la cima più alta d’Europa – rivela – “alla fine dell’impresa voglio arrivare in piazza XX Settembre in bicicletta”
Ad ottobre partirà per scalare l’Helbruss, la vetta più alta d’Europa. Attraverserà Russia, Ucraina, Transilvania, Romania, Slovenia e, da Trieste, rientrerà in Italia dove arriverà a Pordenone, in piazza XX settembre, con la sua fedele bicicletta. Danilo Callegari, il 28enne di Bannia con la passione per le imprese estreme, ha rivelato, ieri sera, il prossimo obiettivo relativo al progetto Seven Summits Solo. L’occasione è stata l’incontro inserito nel cartellone di Pordenone Pensa e svoltosi nella sala consiliare della Provincia.
Il clou della serata è stata però la proiezione di alcune clip da lui stesso girate durante il suo ultimo viaggio, il South America Extreme, che si è snodata tra Perù, Bolivia, Cile, Argentina.
Prima 1300 km in bicicletta sulle rive del lago Titicaca per poi attraversarlo in canoa e inforcare nuovamente la bici per passare il Salar de Uyuni, il più grande lago salato del mondo. Poi la traversata del deserto Atacama e infine la conquista del Cerro Aconcagua. Un percorso reso difficoltoso dalle condizioni climatiche, dalle situazioni locali, dalla stanchezza.
“In Perù ho passato non poche notti all’interno di fatiscenti stazioni di polizia – ha detto Callegari, incalzato dal giornalista Piergiorgio Grizzo – è un paese con un alto tasso di criminalità e un semplice orologio di plastica può attirare l’attenzione dei banditi. Per questo spostavo costantemente la mia tenda, anche nel cuore della notte”.
“Gli abitanti del villaggio mi dicevano di lasciar stare il lago, che è pericoloso – ha continuato – l’escursione termica è elevatissima e poteva causare la rottura della valvola della canoa invalidando così la missione. Percorrevo 20/25 km al giorno e dormivo pochissimo per paura dei briganti”.
“Una volta attraversato il lago, ho spedito a casa la canoa e ho inforcato la bici con grande difficoltà. Le mie 6 borse più il carrello erano pesanti e facevano sprofondare le ruote nella sabbia, nella quale faticavo ad avanzare. Il sale dell’Uyuni si infilava ovunque e corrodeva tutto. È stato in quell’occasione che mi sono ustionato il viso. In più, la notte le temperature si abbassavano sotto i 10° e si alzava un vento fortissimo che impediva di riposare”.
“La sezione più dura è stata l’attraversamento dell’Atacama, il deserto più arido del mondo. L’umidità pari allo 0% prosciugava tutto, il vento era fortissimo. Contavo di incontrare un paio di villaggi per rifornirmi di acqua ma entrambi erano inabitati. La mancanza di umidità mi aveva causato un principio di disidratazione: provavo dolore a deglutire, mi girava la testa e mi svegliavo nel cuore della notte sognando di bere”. “Sono perciò stato costretto a bere la mia urina – ha riferito Callegari – in più il vento forte mi impediva di piantare la tenda e non c’erano sassi da appoggiare ai picchetti”. Quindi Callegari ha riferito di essersi rifocillato a Santiago e di essere partito per scalare il Cerro Aconcagua.
Ma è la chiusura di missione ne confermano, oltre che il grande fegato, anche il grande cuore: dopo aver raggiunto la cima con relativa facilità Danilo ridiscende ma incappa in 2 scalatori in difficoltà e soccorre entrambi. Prima un inglese, poi uno slovacco vengono da lui tratti in salvo. Ma poi le condizioni meteo peggiorano.
“Sentivo freddo dappertutto, avevo sonno e mi schiaffeggiavo per non addormentarmi – ha spiegato – la temperatura era scesa a –25°, tutta la mia attrezzatura era ghiacciata. La mattina, al risveglio, i 2 alluci erano blu. Ho tentato di scaldarli ma nulla è migliorato, in più i soccorsi non arrivavano. Così ho caricato tutto in spalla e sono sceso”.
Dopo un ricovero all’ospedale locale, Callegari è rientrato a casa dove ha subito l’asportazione di parte dell’alluce destro.