Antonio Latella e Federico Bellini rimandano con la memoria ad un processo in Ancona, in cui, una ragazza peruviana è stata violentata, ma la Corte d’Appello ha assolto gli stupratori.
Maria Chiara Arrighini, Giulia di Renzi, Chiara Ferrara, Beatrice Verzotti sul palcoscenico.
Un canto struggente,un testo dolente, un ballo drammatico, per un fatto di cronaca che è ancora difficile accettare.
La donna offesa vilipesa e ferita, lo scetticismo, la paura della denuncia e la vergogna.
Questo e altri ingredienti sono emersi da uno spettacolo emozionante per il rigore morale che ha tradotto.
Una responsabilità gridata con rabbia contro tutti : giudici, medici, giornalisti, persino padri, tutti noi, forse persino tra i presenti in sala, forse troppo spesso indifferenti davanti allo sfoglio delle pagine di un giornale.
La rabbia chiama Dio della Giustizia, l’unico essere Supremo che ristabilisce l’ordine.
La catarsi dello stupro chiede rabbiosa risposta, ma anche canto plurale, scomposta reazione, chiede ballo tribale, una apparente disordinata danza che implicitamente richiama il moto di un corpo femminile violato, la convulsione la paura, l’angoscia, l’impotenza potente del palcoscenico che restituisce dignità alla sofferenza e alla sopraffazione, che non si accontenta di una solidarietà formale, ma esige coscienza e responsabilità da parte di tutti.
Vito Sutto