La kermesse veronese si chiude con il solito carico di fascino, speranze, aspettative per un’annata che si
preannuncia ottima, date le premesse; ottimi anche i numeri, che parlano di oltre 140,000 presenze nei quattro giorni di fiera.
A dispetto delle cassandre che continuano a vaticinare un progressivo abbandono della manifestazione italiana a vantaggio del Prowein, conclusosi a Düsseldorf una ventina di giorni fa, è stata abbondante la presenza di trader stranieri che si sono fatti strada fra i numerosissimi wine lovers (forse qualcuno di troppo…) per visitare le quasi 4300 aziende espositrici, vessillifere dell’autentico Italian lifestyle che ancora rappresenta un ottimo traino per uno dei prodotti più rappresentativi del nostro comparto agricolo.
E poi è inutile: Prowein è logisticamente più semplice da raggiungere, ma resta un’esibizione piuttosto fredda. La Fiera di Verona, così vicina al centro della città di Giulietta, Romeo e dell’Arena, rappresenta fuori e dentro i padiglioni un occasione che molti ospiti stranieri continuano a non volersi perdere.
Elevatissima la qualità dei convegni, organizzati come al solito in maniera impeccabile; notevoli gli investimenti dell’organizzazione e del Ministero di riferimento, che ha reso questa 51esima edizione assolutamente memorabile.
Valicato il mezzo secolo, infatti, Vinitaly ha spiccato il volo verso la propria dimensione 4.0, che include molti fuori fiera, l’assoluta importanza data alla filiera del vino, l’attenzione massima alla digital transformation che, come ha sottolineato il presidente di Veronafiere Maurizio Danese, spingeranno la kermesse verso il proprio primo secolo d’esistenza.
Sempre maggiore importanza viene inoltre riservata al B2B, veloce sistema internazionale di contatto fra chi produce e chi acquista, che ormai si sta diffondendo in maniera globale. Rimangono ovviamente prioritari i mercati classici (quello anglosassone, i vicinali francese, svizzero e tedesco, quello russo nonostante i problemi politici, il Sol Levante) ma attenzione straordinaria è riservata a nuove frontiere, ad iniziare da Cina e India, le quali hanno ormai raggiunto livelli di expertise comparabili ai nostri: la loro voglia di sapere e i nuovi mezzi di comunicazione hanno di certo abbreviato i tempi di sviluppo, e molti fra i produttori da noi intervistati hanno sottolineato che nei prossimi dieci anni l’export si suddividerà equamente fra vecchi e nuovi mercati.
A completare l’offerta di Vinitaly si sono svolte, con un buon tasso di partecipazione, Sol&Agrifood, manifestazione sull’agroalimentare di qualità, ed Enolitech, rassegna su accessori e tecnologie per la filiera oleicola e vitivinicola, giunta quest’anno alla ventesima edizione.
Un piccolo commento finale sulla partecipazione friulana a questo Vinitaly: fatto salvo il ruolo ponderalmente importante di tre, quattro aziende (due cooperative ed una S.p.A) è emersa l’esigenza, da parte di realtà produttrici medio-piccole, di fornire al cliente un servizio sempre migliore, affiancato alla consistenza qualitativa e ad un packaging aggressivo, ma sempre legato alla tradizione ed all’immagine classica della regione, specie per i prodotti a denominazione protetta.
Interessante l’arrivo della ribolla gialla D.O.C. Friuli spumantizzata, bollicina tutta regionale che dovrà sfruttare il traino di Sua Maestà il prosecco (si parla di circa 600 milioni di bottiglie che verranno esportate durante tutto il 2017) accoppiandolo alla tipicità ed all’unicità di una denominazione tutta friulana.
Edizione memorabile? Il mercato lo dirà. Appuntamento con tutti, amici produttori e colleghi cronisti, al prossimo anno quando (mi pare) Vinitaly 52 si svolgerà fra il 15 ed il 18 di aprile.